Lo hanno documentato numerose organizzazioni internazionali non governative (https://www.amnesty.org/en/latest/press-release/2016/08/australia-abuse-neglect-of-refugees-on-nauru/), ma adesso lo mette nero su bianco il Comitato per i diritti umani che, in due decisioni adottate il 25 e il 31 ottobre 2024 e rese pubbliche il 9 gennaio 2025, ha accertato che l’Australia ha violato il Patto sui diritti civili e politici del 16 dicembre 1966 ed è responsabile per le detenzioni arbitrarie dei richiedenti asilo deportati a Nauru.
Al Comitato Onu erano arrivati i reclami di 25 richiedenti asilo che erano stati deportati e trattenuti per anni, in condizioni disumane e in un limbo, a Nauru. L’Australia, nel perseguire la propria politica di immigrazione incentrata sul principio del “no way”, aveva deciso di esternalizzare l’esame delle domande dei richiedenti asilo in centri di detenzione in Papa Nuova Guinea e a Nauru, sulla base del Memorandum of Understanding. L’Australia ha provato a negare la commissione di violazioni dei diritti umani sostenendo che tali violazioni erano state commesse dai Paesi che ospitavano i richiedenti asilo e non dal Governo australiano. Un tesi bocciata dal Comitato che ha accertato il controllo effettivo esercitato dall’Australia su quei territori, con la conseguente imputabilità allo Stato convenuto delle violazioni.
I reclami al Comitato sono stati presentati, in un caso, da 24 minori non accompagnati (CCPR/C/142/D/2749/2016, M.I. e altri) provenienti da Iraq, Iran, Afghanistan, Pakistan, Sri Lanka e Myanmar: intercettati in mare erano stati condotti a Christmas Island, territorio australiano nell’Oceano indiano e collocati in un centro di detenzione per migranti. Dopo quasi un anno erano stati trasferiti (o meglio deportati) a Nauru in un centro sovraffollato, con condizioni igieniche disastrose, difficoltà di reperimento di acqua e temperature elevatissime. I minori avevano subito conseguenze fisiche e psicologiche. Nell’altro reclamo sottoposto al Comitato Onu, il ricorso è stato presentato da una cittadina irachena che con il marito e altri parenti era arrivata a Christmas Island e poi deportata a Nauru: stesso scenario, conclusosi con il trasferimento della donna per ragioni mediche in Australia (25 ottobre 2024, CCPR_C_142_D_3663_2019_38693_E).
Di qui le azioni al Comitato che vigila sull’attuazione del Patto sui diritti civili e politici. Nessun dubbio – scrive il Comitato – che l’Australia ha violato l’articolo 9 del Patto che fissa il divieto di detenzioni arbitrarie, per di più non mettendo a disposizione alcuno strumento giurisdizionale per impugnare il trasferimento a Nauru e per le misure di privazione della libertà alle quali i richiedenti asilo erano stati sottoposti. Un aspetto di particolare interesse è l’accertamento compiuto dal Comitato sull’effettiva giurisdizione dell’Australia nelle strutture detentive a Nauru. Il Comitato ha sottolineato che l’Australia aveva concluso un Memorandum of Understanding nel 2012 in base al quale il Governo australiano poteva procedere al trasferimento forzato dei richiedenti asilo a Nauru, accordo che ha poi ispirato Regno Unito e Italia.
Era stato proprio il Governo di Canberra a decidere e a procedere alla costruzione del centro di detenzione a Nauru, finanziando e gestendo successivamente il centro. L’Australia, inoltre, aveva un controllo effettivo e, quindi, i richiedenti asilo erano sotto la giurisdizione australiana, tenuta ad applicare gli obblighi internazionali ai quali è vincolata. Di conseguenza, non avendo rispettato le norme pattizie in un luogo sottoposto alla propria giurisdizione, l’Australia ha violato il Patto ed è tenuta non solo a porre rimedio alla situazione specifica dei ricorrenti e a concedere un indennizzo, ma anche a modificare la normativa e gli accordi con altri Stati al fine di rispettare i diritti umani e gli obblighi internazionali.
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