Eurojust: rapporto sui foreign fighters processati negli Stati UE

Nello spazio Ue aumentano i procedimenti penali nei confronti di foreign fighters rientrati da Paesi come la Siria e sottoposti ad azioni giudiziarie per crimini di diritto internazionale. In crescita anche le sentenze di condanne e i processi non solo per associazione ad organizzazione terroristica, ma anche per crimini contro umanità, di guerra e genocidio. Lo scrive Eurojust nel rapporto intitolato “Cumulative prosecution of foreign terrorist fighters for core international crimes and terrorism-related offences”, presentato il 23 maggio in occasione della giornata contro l’impunità per genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra (2020-05_Report-on-cumulative-prosecution-of-FTFs_EN). In Germania, Francia, Ungheria, Finlandia e Paesi Bassi – si legge nel rapporto elaborato dalla rete europea sui punti di contatto in materia di persone responsabili di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra – sono in svolgimento indagini e procedimenti contro i foreign fighters che hanno o la cittadinanza di un Paese membro dell’Unione europea o la residenza nello spazio Ue, mentre altri hanno cercato di entrare in Europa come rifugiati o richiedenti asilo. Per Eurojust, l’ISIS, Jabhat al-Nusra e altri gruppi non solo organizzazioni terroristiche, ma anche parti al conflitto armato in Siria e Iraq. Di qui la necessità di avviare procedimenti anche per crimini di guerra e contro l’umanità. Sono, però, poche le condanne relative solo a 20 casi in 5 Stati membri e troppi reati restano senza un accertamento della colpevolezza, anche per la difficoltà di reperire prove molto spesso costituite da immagini e rivendicazioni degli stessi autori diffuse attraverso i social media.

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