Immunità della Nato: respinto un ricorso alla CEDU

L’immunità concessa alla Nato per controversie di lavoro è compatibile con l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Lo ha stabilito la Corte di Strasburgo con decisione del 5 marzo con la quale è stato dichiarato irricevibile il ricorso di un dipendente della Nato contro il Belgio (Chapman contro Belgio, ricorso n. 39619/06, CHAPMAN c. BELGIQUE). Alla Corte europea si era rivolto un cittadino americano impiegato nel quartier generale della Nato in Belgio con contratti di lavoro a tempo determinato il quale aveva chiesto ai tribunali belgi la riqualificazione del contratto. I giudici di primo grado avevano accolto il ricorso. Non così la Corte di appello che aveva escluso la giurisdizione in forza dell’immunità della Nato. Di qui il ricorso alla Corte europea che ha però dichiarato irricevibile il ricorso. Prima di tutto, la Corte parte dalla premessa che nel caso di protezione dei diritti fondamentali che possono essere limitati dall’immunità, malgrado il trasferimento di competenza a un’organizzazione internazionale, gli Stati non sono esonerati dal rispetto della Convenzione. Tuttavia, per la Corte, è vero che l’articolo 6 della Convenzione europea assicura il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva, ma talune limitazioni sono ammissibili se proporzionali rispetto all’obiettivo legittimo conseguito. L’immunità concessa alla Nato serve a garantire e a facilitare l’attività di un’organizzazione internazionale e la restrizione è poi ammissibile tenendo conto che all’interno dell’organizzazione sono stati predisposti rimedi perché i dipendenti possono rivolgersi alla Nato Appeals Board. Di conseguenza, per la Corte europea , la restrizione al diritto di accesso a un tribunale è compatibile con l’articolo 6 della Convenzione in quanto proporzionale.

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