L’Italia presenta all’Onu il rapporto sullo stato dei diritti umani

Un eden, nel quale i diritti umani pienamente rispettati. E’ il quadro a tinte rosa che affiora dal rapporto presentato al Consiglio per i diritti umani dell’ONU dal Governo italiano, nell’ambito della revisione periodica universale, in vista della 28esima sessione che si terrà tra il 2 e il 27 marzo 2015 (A_HRC_28_4_en). Dal rapporto, che in alcuni punti sembra una fuga dalla realtà, risulta che l’Italia ha sempre rispettato il principio di non refoulement, che garantisce il pieno rispetto dei diritti dei migranti che sbarcano in Italia, che assicura adeguate misure per combattere il razzismo e provvede alla registrazione dei dati in Eurodac. Anche sul fronte dell’accoglienza va tutto bene, dimenticando le immagini trasmesse dai network di tutto il mondo sulle condizioni disumane in cui versano molti migranti sbarcati sulle coste italiane, molti dei quali provenienti da zone di guerra e, quindi, titolari del diritto di asilo. Black out, poi, sul fatto che poco tempo fa, il 4 novembre 2014, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ordinato alla Svizzera (Tarakhel contro Svizzera) di non rinviare in Italia i richiedenti asilo a causa delle condizioni disumane dovute al sovraffollamento nei centri di accoglienza per richiedenti asilo, a standard di vita inadeguati nei Cara, alla privacy non rispettata, a condizioni insalubri.

Il Governo si compiace addirittura del progetto di legge sulla diffamazione che porterà all’eliminazione del carcere, trascurando il fatto che il progetto giace da tempo nelle aule parlamentari e che il Consiglio d’Europa lo ha ampiamente bocciato ritenendolo in contrasto con gli standard di Strasburgo anche a causa delle sanzioni economiche eccessive in grado di produrre un effetto deterrente sulla libertà di stampa. Riguardo all’enorme numero di ricorsi pendenti dinanzi alla Corte europea (17.309), legati in particolare all’eccessiva durata dei processi e ai ritardi nella liquidazione degli indennizzi dovuti alle vittime di violazioni, l’Italia ricorda di aver presentato un piano d’azione per chiudere 7mila ricorsi sulla riparazione. Per i 3mila ricorsi sulla durata eccessiva non è stato presentato un piano d’azione ma – si legge nel rapporto – è prevista una soluzione (sic!). Nel rapporto è evidenziata la ratifica di numerosi trattati e il pieno rispetto della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176. L’Italia, è scritto nel documento, sin dal 1928 ha vietato le punizioni corporali nelle scuole. In realtà, nel rapporto del 6 ottobre 2011 del Comitato sui diritti del fanciullo, che si occupa del monitoraggio dell’attuazione della Convenzione,  era stata chiesta all’Italia l’adozione di una legge che vietasse esplicitamente il ricorso a forme di punizione corporale poiché “molti genitori ancora considerano appropriato l’uso di schiaffi come strumento educativo”. Tuttavia, sul punto nulla è stato fatto. Sul fronte della tortura, malgrado l’enfasi sulla ratifica dei trattati come la Convenzione Onu contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti del 1984 e del Protocollo opzionale alla Convenzione, ci si dimentica che in Italia non è stato ancora introdotto il reato di tortura e sono ancora in discussione progetti di leggi sul punto (si veda la proposta di legge dal titolo “Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano” approvata dalla Commissione giustizia il 5 febbraio 2015 (testo tortura). Diversi Stati hanno già presentato osservazioni indicando preoccupazioni per l’alto numero di ricorsi pendenti alla CEDU (Norvegia), e per le condizioni disumane dei migranti nelle strutture di accoglienza, nonché per il livello di violenza verso i rom (Stati Uniti). A fine marzo il Consiglio adotterà le osservazioni sul rapporto italiano.

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