Misure non privative della libertà personale ed effetti del Covid-19 sulla situazione carceraria: pubblicati due studi del Consiglio d’Europa

Gli Stati ricorrono sempre di più a sanzioni e misure che provano a mantenere gli autori di reati nella società, senza privarli della libertà personale. E’ quanto risulta dalla nuova indagine (SPACE-II_Final_report_2019_200610) compiuta dal Consiglio d’Europa e dall’Università di Losanna (in particolare da Marcelo F. Aebi e Yuji Hashimoto), che segue quella dedicata alle statistiche penali annuali (SPACE) relative alla detenzione (si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/statistiche-sulle-carceri-europee-nel-2019-questi-i-dati-del-consiglio-deuropa.html). Il nuovo studio ha evidenziato che, al 31 gennaio 2019, due milioni di persone usufruivano di misure alternative come la sorveglianza elettronica, i servizi per la comunità, gli arresti domiciliari, la libertà condizionale (che segna un +7,9% rispetto al 2018).

Accanto all’indagine SPACE II è stato pubblicato un rapporto speciale sui detenuti in Europa durante la pandemia, aggiornato al 15 aprile 2020 (Prisons-and-the-COVID-19_200617_FINAL). Venti amministrazioni carcerarie su 43 – si legge nel documento – hanno segnalato di aver rilasciato detenuti per prevenire la diffusione del Covid-19, con misure alternative alla detenzione, rilascio provvisorio e amnistia. Al primo posto c’è la Turchia (35%), seguita da Cipro (16%), Slovenia (15%), Portogallo (15%), Francia (14%), Norvegia (13%), Irlanda (12%), Italia (9,4%), Spagna (7,4%). Questo ha comportato che alcuni Paesi come Italia, Cipro, Francia e Slovenia abbiano sensibilmente ridotto la densità carceraria, diminuendo così il sovraffollamento. Solo la Svezia non ha adottato alcuna misura.

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