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Sentenza 216/2010
Giudizio
Presidente AMIRANTE - Redattore GALLO
Udienza Pubblica del 25/05/2010    Decisione  del 09/06/2010
Deposito del 17/06/2010   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate: Art. 3, c. 3°, della legge della Regione autonoma della Sardegna 29/05/2007, n. 2, che sostituisce l'art. 4 della legge della Regione autonoma della Sardegna 11/05/2006, n. 4.
Massime:
Titoli:
Atti decisi: ric. 36/2007

SENTENZA N. 216

ANNO 2010



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo), quale sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – Legge finanziaria 2007), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 2 agosto 2007, depositato in cancelleria il 7 agosto 2007 ed iscritto al n. 36 del registro ricorsi 2007.

Visto l’atto di costituzione della Regione Sardegna;

udito nell’udienza pubblica del 25 maggio 2010 il Giudice relatore Franco Gallo;

uditi l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Graziano Campus per la Regione Sardegna.


Ritenuto in fatto

1. – Con i ricorsi n. 91 del 2006 e n. 36 del 2007, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, nei confronti della Regione Sardegna, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo), sia nel testo originario sia nel testo sostituito, rispettivamente, dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 3 della legge reg. 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – Legge finanziaria 2007), nonché dell’art. 5 della citata legge reg. n. 2 del 2007. Ciascuno degli articoli denunciati stabilisce e disciplina un particolare tributo regionale.

Viene qui in rilievo, in particolare, l’art. 4 della legge reg. n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge reg. n. 2 del 2007, istitutivo dell’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto, censurato con il ricorso n. 36 del 2007.

La norma denunciata disciplina l’imposta regionale su aeromobili ed unità da diporto, applicabile, nel periodo dal 1° giugno al 30 settembre, al soggetto avente domicilio fiscale fuori dal territorio regionale che assume l’esercizio dell’aeromobile o dell’unità da diporto (con l’esenzione dall’imposta: delle imbarcazioni che fanno scalo per partecipare a regate di carattere sportivo, a raduni di barche d’epoca, di barche monotipo ed a manifestazioni veliche, anche non agonistiche, il cui evento sia stato preventivamente comunicato all’Autorità marittima da parte degli organizzatori; delle unità da diporto che sostano tutto l’anno nelle strutture portuali regionali; della sosta tecnica, limitatamente al tempo necessario per l’effettuazione della stessa), dovuta: 1) per ogni scalo negli aerodromi del territorio regionale degli aeromobili adibiti al trasporto privato, per classi determinate in relazione al numero dei passeggeri che sono abilitati a trasportare; 2) annualmente, per lo scalo nei porti, negli approdi e nei punti di ormeggio ubicati nel territorio regionale delle unità da diporto, per classi di lunghezza, a partire da 14 metri.

La questione proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, relativa alle imprese, è stata sollevata con riferimento a diversi parametri costituzionali e, in particolare, all’art. 117, primo comma, della Costituzione, per violazione delle norme del Trattato CE relative alla tutela della libera prestazione dei servizi (art. 49), alla tutela della concorrenza (art. 81 «coordinato con gli art. 3, lett. g) e 10»), e al divieto di aiuti di Stato (art. 87): rispetto a tali parametri, il ricorrente ha richiesto che fosse effettuato il rinvio pregiudiziale di cui all’art. 234 del Trattato CE.

Con la sentenza n. 102 del 2008, pronunziata nei due giudizi riuniti, la Corte costituzionale ha deciso le questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso n. 91 del 2006 e parte di quelle promosse con il ricorso n. 36 del 2007. In particolare, quanto all’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto denunciata con quest’ultimo ricorso, con la indicata sentenza sono state dichiarate inammissibili o non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento a parametri costituzionali diversi dal primo comma dell’art. 117 Cost.; con la stessa sentenza, è stata altresí disposta la separazione del giudizio concernente la questione di legittimità costituzionale della suddetta imposta regionale sullo scalo turistico promossa con riferimento al primo comma dell’art. 117 Cost. e relativa all’assoggettamento a tassazione delle imprese esercenti aeromobili o unità da diporto. Quanto alle violazioni del diritto comunitario denunciate dal ricorrente, la Corte ha ritenuto di sollevare questioni pregiudiziali davanti alla Corte di giustizia CE, ai sensi dell’art. 234 del Trattato CE, esclusivamente con riguardo alle violazioni degli artt. 49 e 87 del Trattato CE, riservando al prosieguo del giudizio ogni decisione sulla violazione dell’art. 81 «coordinato con gli art. 3, lett. g) e 10», anche in relazione alla pertinenza di tale combinato disposto con la norma censurata.

2. – Con l’ordinanza n. 103 del 2008, pronunziata nel giudizio separato, la Corte costituzionale ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte di giustizia CE in via pregiudiziale, le seguenti questioni di interpretazione degli artt. 49 e 87 del Trattato CE: a) se l’art. 49 del Trattato debba essere interpretato nel senso che osti all’applicazione di una norma, quale quella prevista dall’art. 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo), nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – Legge finanziaria 2007), secondo la quale l’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti aeromobili da esse stesse utilizzati per il trasporto di persone nello svolgimento di attività di aviazione generale d’affari; b) se lo stesso art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007, nel prevedere che l’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti aeromobili da esse stesse utilizzati per il trasporto di persone nello svolgimento di attività di aviazione generale d’affari, configuri – ai sensi dell’art. 87 del Trattato – un aiuto di Stato alle imprese che svolgono la stessa attività con domicilio fiscale nel territorio della Regione Sardegna; c) se l’art. 49 del Trattato debba essere interpretato nel senso che osti all’applicazione di una norma, quale quella prevista dallo stesso art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007, secondo la quale l’imposta regionale sullo scalo turistico delle unità da diporto grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti unità da diporto la cui attività imprenditoriale consiste nel mettere a disposizione di terzi tali unità; d) se lo stesso art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007, nel prevedere che l’imposta regionale sullo scalo turistico delle unità da diporto grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti unità da diporto la cui attività imprenditoriale consiste nel mettere a disposizione di terzi tali unità, configuri – ai sensi dell’art. 87 del Trattato – un aiuto di Stato alle imprese che svolgono la stessa attività con domicilio fiscale nel territorio della Regione Sardegna.

Quanto al merito delle questioni sollevate, la Corte costituzionale ha evidenziato che l’art. 4 della legge regionale n. 4 del 2006 disciplina un tributo che, essendo applicabile alle persone fisiche e giuridiche, riguarda le imprese che assumono l’esercizio di unità da diporto e aeromobili dell’aviazione generale adibiti al trasporto privato di persone. Ha sottolineato, inoltre, che la disposizione, nell’assoggettare a tassazione le imprese non aventi domicilio fiscale in Sardegna, sembra creare una discriminazione rispetto alle imprese che, pur svolgendo la stessa attività, non sono tenute al pagamento del tributo per il solo fatto di avere domicilio fiscale in Sardegna e che, di conseguenza, essa sembra dare luogo a un aggravio del costo dei servizi resi, a detrimento delle imprese non residenti. La stessa Corte costituzionale ha sollevato, poi, dubbi in ordine alle giustificazioni addotte dalla Regione Sardegna e fondate, da un lato, sul fatto che tali imprese non residenti fruirebbero, analogamente alle imprese aventi domicilio fiscale in detta Regione, dei servizi pubblici regionali e locali, ma senza contribuire al finanziamento di tali servizi, e, dall’altro, sulla necessità di compensare i maggiori costi sostenuti, a causa delle peculiarità geografiche ed economiche legate all’insularità della Regione Sardegna, dalle imprese domiciliate in quest’ultima. In particolare, per quanto attiene alla lamentata violazione dell’art. 87 CE, ha rilevato che si pone il problema se il vantaggio economico concorrenziale derivante alle imprese aventi domicilio fiscale in Sardegna dal loro non assoggettamento all’imposta regionale sullo scalo rientri nella nozione di aiuto di Stato, dato che detto vantaggio deriva non dalla concessione di un’agevolazione fiscale, ma indirettamente dal minor costo da esse sopportato rispetto a quelle stabilite fuori dal territorio regionale.

3. – Con la sentenza 17 novembre 2009, C169/08, la Corte di giustizia CE ha dichiarato che: «1) L’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una norma tributaria di un’autorità regionale, quale quella di cui all’art. 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4, recante disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo, nella versione risultante dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna 29 maggio 2007, n. 2, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – Legge finanziaria 2007, la quale istituisce un’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili adibiti al trasporto privato di persone nonché delle unità da diporto che grava unicamente sulle persone fisiche e giuridiche aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale. 2) L’art. 87, n. 1, CE deve essere interpretato nel senso che una normativa tributaria di un’autorità regionale che istituisce un’imposta sullo scalo, quale quella di cui trattasi nella causa principale, la quale grava unicamente sulle persone fisiche e giuridiche aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale, costituisce una misura di aiuto di Stato a favore delle imprese stabilite su questo stesso territorio».

3.1. – Per giungere a tali conclusioni, la Corte di giustizia CE esamina, in primo luogo, la prima e la terza questione, relative all’art. 49 CE, con le quali la Corte costituzionale aveva chiesto, in sintesi, se l’art. 49 CE dovesse essere interpretato nel senso che osta a una norma tributaria di un’autorità regionale, come l’art. 4 della legge regionale n. 4 del 2006, la quale istituisce un’imposta regionale sullo scalo turistico di aeromobili adibiti al trasporto privato di persone nonché di unità da diporto, qualora tale imposta gravi unicamente sulle imprese aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale.

3.1.1. – Quanto ai presupposti per l’applicazione del citato art. 49 CE, la Corte di giustizia afferma che occorre accertare anzitutto se la legge regionale n. 4 del 2006 rientri nell’ambito di applicazione della libera prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 50 CE.

Osserva la stessa Corte che l’imposta regionale sullo scalo non concerne le imprese di trasporto civile di persone e di merci e si applica, in particolare, alle imprese che eserciscono aeromobili per effettuare operazioni di trasporto aereo senza remunerazione per motivi relativi alla loro attività di impresa e alle imprese la cui attività consiste nel porre le unità da diporto a disposizione di terzi dietro remunerazione. Secondo la giurisprudenza della stessa Corte, la nozione di «servizi» ai sensi dell’art. 50 CE implica che si tratti di prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione e che quest’ultima costituisce il corrispettivo economico della prestazione ed è pattuita fra il prestatore ed il destinatario del servizio. L’imposta regionale in questione riguarda gli esercenti di mezzi di trasporto che si recano sul territorio della Regione e non le imprese di trasporto che esercitano la loro attività in detta Regione. Tuttavia, dalla semplice circostanza che tale imposta non riguarda le prestazioni di trasporto non può dedursi – secondo la Corte – che la normativa tributaria di cui trattasi nella causa principale non presenti alcun nesso con la libera prestazione dei servizi. Deve essere, infatti, dato rilievo alla giurisprudenza consolidata secondo cui, sebbene l’art. 50, terzo comma, CE citi soltanto la libera prestazione dei servizi attiva – nell’ambito della quale il prestatore si sposta verso il destinatario dei servizi –, quest’ultima comprende altresí la libertà dei destinatari di servizi, segnatamente dei turisti, di recarsi in un altro Stato membro nel quale è stabilito il prestatore per fruire ivi di detti servizi. Nel caso di specie, le persone che assumono l’esercizio di un mezzo di trasporto nonché quelle che utilizzino tale mezzo usufruiscono di vari servizi sul territorio della Regione Sardegna, quali i servizi forniti negli aerodromi e nei porti; con la conseguenza che lo scalo costituisce un presupposto necessario per fruire di detti servizi e l’imposta regionale sullo scalo presenta un certo nesso con una tale prestazione. Inoltre, i servizi sui quali l’imposta regionale sullo scalo ha un’incidenza possono rivestire un carattere transfrontaliero poiché tale imposta, da un lato, può incidere sulla possibilità delle imprese stabilite in Sardegna di offrire servizi di scalo negli aerodromi e nei porti a cittadini e ad imprese stabiliti in un altro Stato membro e, dall’altro, ha un’incidenza sull’attività delle imprese straniere aventi la loro sede in uno Stato membro diverso dalla Repubblica italiana e che assumono l’esercizio di unità da diporto in Sardegna.

Ne deriva – secondo la Corte – che la Regione Sardegna ha istituito un’imposta che grava direttamente sulla prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 50 CE.

3.1.2. – Quanto alla questione se la normativa di cui trattasi nella causa principale costituisca una restrizione alla libera prestazione dei servizi, la Corte rileva innanzi tutto che, nel settore della libera prestazione dei servizi, un provvedimento fiscale nazionale che ostacoli l’esercizio di tale libertà può costituire una misura vietata, sia che esso emani dallo Stato stesso sia che emani da un ente locale.

Con riferimento al caso in esame – osserva la Corte – è pacifico che l’imposta regionale sullo scalo grava sugli esercenti degli aeromobili e delle unità da diporto aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale e che il fatto generatore dell’imposta è lo scalo dell’aeromobile o dell’unità da diporto in detto territorio. L’imposta, anche se si applica soltanto in una parte circoscritta di uno Stato membro, grava sugli scali degli aeromobili e delle unità da diporto di cui trattasi senza distinguere a seconda che essi provengano da un’altra regione d’Italia o da un altro Stato membro. L’applicazione di detta normativa tributaria comporta che, per tutti i soggetti passivi dell’imposta aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale e stabiliti in altri Stati membri, i servizi considerati sono resi piú onerosi di quelli forniti agli esercenti stabiliti su tale territorio. E ciò perché tale normativa introduce un costo supplementare per le operazioni di scalo degli aeromobili e delle imbarcazioni a carico degli operatori aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale e stabiliti in altri Stati membri e crea cosí un vantaggio per talune categorie di imprese stabilite in tale territorio.

Quanto al trattamento differenziato dei non residenti rispetto ai residenti nel caso in esame, la Corte – premesso di avere affermato, nelle sue pronunce in tema di fiscalità diretta, che le due posizioni non sono di regola paragonabili, in quanto presentano differenze oggettive per quanto attiene sia alla fonte dei redditi sia alla capacità contributiva personale del contribuente o alla presa in considerazione della sua situazione personale e familiare – rileva che occorre prendere in considerazione le caratteristiche specifiche dell’imposta di cui è causa; con la conseguenza che una disparità di trattamento tra residenti e non residenti costituisce una restrizione alla libera circolazione vietata dall’art. 49 CE qualora non sussista alcuna obiettiva diversità di situazione, rispetto all’imposta di cui è causa, tale da giustificare la disparità di trattamento tra le varie categorie di contribuenti. Ciò vale in particolare per l’imposta di cui trattasi nella causa principale, perché essa è dovuta per effetto dello scalo degli aeromobili adibiti al trasporto privato di persone e delle imbarcazioni da diporto e non in ragione della situazione finanziaria dei contribuenti interessati. Ne consegue che, indipendentemente dal luogo in cui risiedono o sono stabilite, tutte le persone fisiche o giuridiche che fruiscono dei servizi di cui trattasi sono in una situazione oggettivamente paragonabile con riguardo a detta imposta in relazione alle conseguenze per l’ambiente. Il fatto che le persone soggette all’imposta in Sardegna contribuiscano, attraverso il gettito generale e, in particolare, le imposte sui redditi, all’azione della Regione Sardegna per la tutela dell’ambiente è irrilevante ai fini del raffronto della situazione dei residenti e dei non residenti con riguardo all’imposta in questione, perché quest’ultima non ha la stessa natura e non persegue gli stessi obiettivi delle altre imposte corrisposte dai contribuenti sardi, che mirano segnatamente ad alimentare in modo generale il bilancio pubblico e, pertanto, a finanziare l’insieme delle azioni regionali.

Se ne conclude che la normativa tributaria di cui trattasi costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi, in quanto essa grava unicamente sugli operatori esercenti aeromobili adibiti al trasporto privato di persone e imbarcazioni da diporto aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale, senza assoggettare alla stessa imposta gli operatori stabiliti in quest’ultimo.

3.1.3. – La Corte di giustizia CE passa poi a trattare dell’eventuale giustificazione della normativa in esame, sotto i profili delle esigenze di tutela dell’ambiente e della sanità pubblica e della coerenza del sistema tributario.

3.1.3.1. – Quanto al primo profilo, la Corte richiama il suo orientamento, secondo cui, a prescindere dall’esistenza di uno scopo legittimo che corrisponda a motivi imperativi di interesse generale, la giustificazione di una restrizione alle libertà fondamentali garantite dal Trattato CE presuppone che la misura in questione sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vada oltre quanto è necessario per il suo raggiungimento.

Nel caso di specie – rileva la stessa Corte –, ammettendo che gli aeromobili privati e le unità da diporto che fanno scalo in Sardegna costituiscano una fonte di inquinamento, questo si produce indipendentemente dalla provenienza di detti aerei e imbarcazioni e non presenta, in particolare, alcun legame con il domicilio fiscale degli esercenti stessi, perché gli aeromobili e le imbarcazioni dei residenti contribuiscono al degrado dell’ambiente tanto quanto quelli dei non residenti. Ne consegue che la restrizione alla libera prestazione di servizi, quale essa risulta dalla normativa tributaria di cui trattasi nella causa principale, non può essere giustificata da motivi relativi alla tutela dell’ambiente, in quanto l’applicazione dell’imposta regionale sullo scalo che essa istituisce si basa su una differenziazione tra le persone priva di relazione con detto obiettivo ambientale. Né una restrizione del genere può essere giustificata da motivi sanitari, non avendo la Regione Sardegna fornito alcun elemento che consenta di constatare che tale normativa mira a tutelare la sanità pubblica.

3.1.3.2. – Quanto al secondo profilo, relativo ad un’eventuale giustificazione della disciplina in esame fondata sulla coerenza del sistema tributario, la Corte premette che, in linea di principio, l’esigenza di salvaguardare la coerenza del sistema tributario può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato, ma siffatto argomento giustificativo esige un nesso diretto tra il beneficio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale beneficio con un determinato prelievo fiscale, dovendosi determinare il carattere diretto del suddetto nesso alla luce della finalità della normativa di cui trattasi. L’imposta regionale sullo scalo – prosegue la Corte – non persegue gli stessi obiettivi delle imposte versate dai soggetti passivi residenti in Sardegna, le quali mirano ad alimentare in generale il bilancio pubblico della Regione Sardegna e, perciò, il non assoggettamento a tale imposta di detti residenti non può essere considerato come una compensazione delle altre imposte cui questi sono soggetti.

Ne deriva che la restrizione alla libera prestazione dei servizi, quale risulta dalla normativa tributaria di cui trattasi nella causa principale, non può essere giustificata da motivi relativi alla coerenza del sistema tributario della Regione Sardegna.

3.2. – La Corte di giustizia CE esamina, poi, la seconda e la quarta questione, relative all’art. 87 CE, con le quali la Corte costituzionale aveva chiesto se l’art. 87 CE dovesse essere interpretato nel senso che la normativa tributaria di un’autorità regionale che istituisca un’imposta regionale sullo scalo, quale quella prevista all’art. 4 della legge regionale n. 4 del 2006, che grava unicamente sugli esercenti aventi il loro domicilio fiscale fuori dal territorio regionale, costituisca una misura di aiuto di Stato a favore delle imprese stabilite sullo stesso territorio.

La Corte conclude – come visto al punto 3. – che una normativa tributaria come quella di cui trattasi nella causa principale costituisce una misura di aiuto di Stato a favore delle imprese stabilite in Sardegna e che è compito del giudice a quo trarre da tale constatazione le opportune conseguenze.

La stessa Corte CE premette che la qualificazione di una misura quale aiuto ai sensi del Trattato presuppone che sia soddisfatto ognuno dei quattro criteri cumulativi sui quali si fonda l’art. 87, n. 1, CE. In primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato ovvero effettuato mediante risorse statali, in secondo luogo, tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra gli Stati membri, in terzo luogo, deve concedere un vantaggio al suo beneficiario e, in quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza.

Nella fattispecie – prosegue la Corte – è pacifico che l’imposta di cui trattasi nella causa principale risponde al secondo e al quarto criterio in quanto essa incide sui servizi forniti in relazione allo scalo di aeromobili e di unità da diporto, che riguardano il commercio intracomunitario, e che siffatta imposta, attribuendo un vantaggio economico agli operatori stabiliti in Sardegna, come è stato rilevato al punto 32 della sentenza, può falsare la concorrenza. Ne deriva che le questioni relative all’interpretazione dell’art. 87 CE riguardano, nel caso di specie, l’applicazione degli altri due criteri di qualificazione dell’imposta regionale sullo scalo come aiuto di Stato, posto che la Commissione conclude, nelle sue osservazioni scritte, che detta imposta risponde a tutti i quattro criteri enunciati.

3.2.1. – Quanto all’uso delle risorse pubbliche, la Corte ricorda che la nozione di aiuto non comprende soltanto prestazioni positive, come sovvenzioni, prestiti o assunzione di partecipazioni al capitale delle imprese, ma anche interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che di regola gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono identici effetti.

Una normativa tributaria come quella controversa nella causa principale, che conceda a talune imprese un non assoggettamento all’imposta di cui trattasi, costituisce, dunque, un aiuto di Stato, pur non comportando un trasferimento di risorse statali, in quanto consiste nella rinuncia da parte delle autorità interessate al gettito tributario che di norma avrebbero potuto riscuotere.

3.2.2. – Quanto alla selettività della normativa tributaria in esame, la Corte premette che, nel caso di una misura adottata non dal legislatore nazionale, ma da un’autorità infrastatale, tale misura non è selettiva ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE solo perché concede vantaggi esclusivamente nella parte del territorio nazionale nella quale la misura si applica. Tuttavia, al fine di valutare la selettività di una misura adottata da un ente infrastatale avente uno statuto autonomo rispetto al governo centrale, come quello di cui gode la Regione Sardegna, occorre esaminare se, tenuto conto dell’obiettivo perseguito da detta misura, questa costituisca un vantaggio per talune imprese rispetto ad altre imprese che si trovino, all’interno dell’ordinamento giuridico nel quale l’ente esercita le sue competenze, in una situazione fattuale e giuridica analoga. Occorre, cioè, stabilire se, tenuto conto della caratteristiche dell’imposta regionale sullo scalo, le imprese aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale siano, rispetto all’ambito giuridico di riferimento, in una situazione fattuale e giuridica paragonabile a quella delle imprese stabilite sullo stesso territorio.

Come già rilevato – conclude la Corte – si deve constatare che, tenuto conto della natura e della finalità di detta imposta, tutte le persone fisiche e giuridiche che fruiscono dei servizi di scalo in Sardegna sono in una situazione oggettivamente paragonabile indipendentemente dal luogo in cui risiedono o sono stabilite; con la conseguenza che la misura non può essere considerata generale, perché essa non si applica a tutti gli esercenti di aeromobili e di imbarcazioni da diporto facenti scalo in Sardegna.


Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha censurato l’art. 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo), quale sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – Legge finanziaria 2007), che disciplina l’imposta regionale su aeromobili ed unità da diporto, applicabile, nel periodo dal 1° giugno al 30 settembre di ogni anno, al soggetto avente domicilio fiscale fuori dal territorio regionale che assume l’esercizio dell’aeromobile o dell’unità da diporto (con l’esenzione dall’imposta: delle imbarcazioni che fanno scalo per partecipare a regate di carattere sportivo, a raduni di barche d’epoca, di barche monotipo ed a manifestazioni veliche, anche non agonistiche, il cui evento sia stato preventivamente comunicato all’Autorità marittima da parte degli organizzatori; delle unità da diporto che sostano tutto l’anno nelle strutture portuali regionali; della sosta tecnica, limitatamente al tempo necessario per l’effettuazione della stessa), dovuta: 1) per ogni scalo negli aerodromi del territorio regionale degli aeromobili adibiti al trasporto privato, per classi determinate in relazione al numero dei passeggeri che sono abilitati a trasportare; 2) annualmente, per lo scalo nei porti, negli approdi e nei punti di ormeggio ubicati nel territorio regionale delle unità da diporto, per classi di lunghezza, a partire da 14 metri.

Secondo il ricorrente, la disposizione censurata contrasta con l’art. 117, primo comma, Cost., perché víola: a) l’art. 49 del Trattato CE, «introducendo una restrizione alla libera prestazione dei servizi nel mercato sardo dei servizi nautici e aerei, che costituisce una parte rilevante del mercato europeo»; b) l’art. 87 del Trattato CE, perché istituisce un aiuto alle imprese con sede in Sardegna; c) l’art. 81 del Trattato CE, «coordinato con gli art. 3, lett. g) e 10», perché ha l’effetto di falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune.

1.1. – Con la sentenza n. 102 del 2008 questa Corte ha ritenuto di sollevare questioni pregiudiziali davanti alla Corte di giustizia CE, ai sensi dell’art. 234 del Trattato CE, esclusivamente con riguardo alle violazioni degli artt. 49 e 87 del Trattato CE, riservando al prosieguo del giudizio ogni decisione sulla violazione dell’art. 81 «coordinato con gli art. 3, lett. g) e 10», anche in relazione alla pertinenza di tale combinato disposto con la norma censurata.

1.2. – Di conseguenza, la Corte, con l’ordinanza n. 103 del 2008, ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte di giustizia CE, in via pregiudiziale, le seguenti questioni di interpretazione degli artt. 49 e 87 del Trattato CE: a) se l’art. 49 del Trattato debba essere interpretato nel senso che osti all’applicazione di una norma, quale quella prevista dall’art. 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo), nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – Legge finanziaria 2007), secondo la quale l’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti aeromobili da esse stesse utilizzati per il trasporto di persone nello svolgimento di attività di aviazione generale d’affari; b) se lo stesso art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007, nel prevedere che l’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti aeromobili da esse stesse utilizzati per il trasporto di persone nello svolgimento di attività di aviazione generale d’affari, configuri – ai sensi dell’art. 87 del Trattato – un aiuto di Stato alle imprese che svolgono la stessa attività con domicilio fiscale nel territorio della Regione Sardegna; c) se l’art. 49 del Trattato debba essere interpretato nel senso che osti all’applicazione di una norma, quale quella prevista dallo stesso art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007, secondo la quale l’imposta regionale sullo scalo turistico delle unità da diporto grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti unità da diporto la cui attività imprenditoriale consiste nel mettere a disposizione di terzi tali unità; d) se lo stesso art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007, nel prevedere che l’imposta regionale sullo scalo turistico delle unità da diporto grava sulle sole imprese che hanno domicilio fiscale fuori dal territorio della Regione Sardegna esercenti unità da diporto la cui attività imprenditoriale consiste nel mettere a disposizione di terzi tali unità, configuri – ai sensi dell’art. 87 del Trattato – un aiuto di Stato alle imprese che svolgono la stessa attività con domicilio fiscale nel territorio della Regione Sardegna.

2. – Con la sentenza 17 novembre 2009, C-169/08, la Corte di giustizia CE, pronunciando sulle questioni pregiudiziali ad essa sottoposte, ha dichiarato, in primo luogo, che l’art. 49 del Trattato CE deve essere interpretato nel senso che detta disposizione osta ad una norma tributaria di un’autorità regionale, quale quella di cui all’art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006 – nella versione risultante dall’art. 3, comma 3, della legge reg. n. 2 del 2007 – la quale istituisce un’imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili adibiti al trasporto privato di persone nonché delle unità da diporto che grava unicamente sulle persone fisiche e giuridiche aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale.

In particolare, la Corte di giustizia ha rilevato che: a) l’imposta sullo scalo rientra nell’àmbito di applicazione della libera prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 50 del Trattato CE, perché le persone che assumono l’esercizio di un mezzo di trasporto, nonché quelle che utilizzano tale mezzo usufruiscono di vari servizi sul territorio della Regione Sardegna, che possono rivestire un carattere transfrontaliero, quali i servizi forniti negli aerodromi e nei porti; b) la normativa regionale di cui trattasi costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi, in quanto essa grava unicamente sugli operatori aventi il domicilio fiscale fuori dal territorio regionale, che esercitano sia aeromobili adibiti al trasporto privato di persone sia imbarcazioni da diporto, senza assoggettare alla stessa imposta gli operatori stabiliti nel suddetto territorio; c) la normativa in esame non trova giustificazione sotto il profilo della tutela dell’ambiente, perché, ammettendo che gli aeromobili privati e le unità da diporto che fanno scalo in Sardegna costituiscano una fonte di inquinamento, questo non presenta alcun legame con il domicilio fiscale degli esercenti stessi, contribuendo gli aeromobili e le imbarcazioni dei residenti al degrado dell’ambiente tanto quanto quelli dei non residenti; d) la normativa in esame non trova giustificazione neanche sotto il profilo della coerenza del sistema tributario, perché l’imposta regionale sullo scalo non persegue gli stessi obiettivi delle imposte versate dai soggetti passivi residenti in Sardegna, le quali mirano ad alimentare in generale il bilancio pubblico della Regione Sardegna, con la conseguenza che il non assoggettamento a tale imposta dei residenti non può essere considerato come una compensazione delle altre imposte cui questi sono soggetti.

3. – Dall’interpretazione della normativa comunitaria fornita dalla Corte di giustizia con tale pronuncia consegue la declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione censurata.

Infatti, con la sentenza n. 102 e l’ordinanza n. 103 del 2008, questa Corte ha sollevato davanti alla Corte di giustizia CE le suddette questioni pregiudiziali, sul presupposto che, nei giudizi promossi in via principale – come quello in esame – in cui si dubiti della compatibilità di leggi regionali con norme comunitarie dotate di efficacia diretta, queste ultime fungono da norme interposte atte ad integrare il parametro per la valutazione di conformità della normativa regionale all’art. 117, primo comma, Cost. (sentenze n. 129 del 2006; n. 406 del 2005; n. 166 e n. 7 del 2004). Poiché il denunciato art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006, nella versione risultante dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007, è incompatibile con la norma interposta dell’art. 49 del Trattato CE come interpretata dalla Corte di giustizia, esso deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.

4. – Restano assorbiti gli ulteriori profili di illegittimità costituzionale della norma censurata prospettati dal ricorrente e relativi alla violazione: a) dell’art. 87 del Trattato CE; b) dell’art. 81 del Trattato CE, «coordinato con gli art. 3, lett. g) e 10».

5. – Le indicate ragioni di contrasto dell’impugnato art. 4 con l’art. 117, primo comma, Cost. valgono anche per il suddetto articolo nella sua formulazione originaria – precedente alla modifica introdotta dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna n. 2 del 2007 – il quale stabiliva, al pari della successiva formulazione oggetto del ricorso in esame, che il soggetto passivo dell’imposta dovesse avere domicilio fiscale fuori dal territorio regionale. Ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la pronuncia di illegittimità costituzionale deve pertanto estendersi, in via consequenziale, a tale previgente formulazione normativa.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo), nel testo sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – Legge finanziaria 2007);

2) dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006, nel testo originario.

Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 17 giugno 2010.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA