Cepej: pubblicato il rapporto sulla valutazione dei sistemi giudiziari – CEPEJ: released the report on evaluation of judicial systems

Dopo la crisi del 2008 aumenta, seppure di misura e con proporzioni differenti nei vari Stati, il budget assegnato al sistema giudiziario, che ha avuto un incremento generale pro capite pari al 10,88% nel biennio 2014-2016. Un dato positivo dopo il crollo di risorse destinato alle spese per la giustizia del biennio 2012-2014, che aveva segnato rispetto al passato -7,34%. È quanto risulta dal 7° rapporto biennale della Commissione europea per l’efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa (Cepej) diffuso oggi con dati relativi al 2016 (CEPEJ 2018 – Report). Il rapporto, che per la prima volta ha misurato l’impatto dei migranti e dei richiedenti asilo sul sistema giudiziario, include i dati di 45 Stati (non hanno partecipato, come da tradizione, Liechtenstein e San Marino, mentre hanno fornito i dati Marocco e Israele in quanto osservatori del Cepej) e interessa ben 850 milioni di cittadini. Anche l’Italia segue il trend positivo come risulta dal budget di 75 euro pro-capite a fronte dei 72,7 euro nel 2014. La media europea è pari a 64,5 euro per abitante, con 6 euro in più rispetto alla media del 2014, grazie soprattutto agli incrementi di Andorra, Germania, Islanda e Monaco. Con la Svizzera che ha fatto meglio di tutti con 214,8 euro. Un miglioramento generale dovuto anche al fatto che diversi Stati come Bulgaria, Lituania, Slovenia e Slovacchia hanno beneficiato di aiuti forniti dall’Unione europea per la piena operatività della rule of law. Analizzando le spese destinate alla giustizia, risulta chesono solo tre i Paesi che non hanno costi in termini di tasse versate da individui per l’accesso alla giustizia: Francia, Lussemburgo e Spagna. Le tasse versate per le spese di giustizia contribuiscono, in media, con il 19% al budget delle spese per il settore. L’Italia ha una percentuale dell’11%, mentre l’Austria raggiunge il 117%. Per quanto riguarda le spese relative all’assistenza giudiziaria gratuita, la media è di 6,96 euro pro-capite, con l’Italia a 3,85 euro. Sotto la media, quindi, è ben lontana dalla Svezia a quota 36,21 euro, dal Regno Unito 31,00 euro e dai Paesi Bassi (27,42). Poco meglio dell’Italia fa la Francia a quota 5,06 e la Spagna a 5,64. Anche in questo caso un miglioramento generale: da -3,62% del rapporto precedente a +1,01%. Il rapporto analizza anche il personale impegnato nella giustizia constatando che la spesa più elevata ha riguardato il pagamento degli stipendi soprattutto laddove mancano i giudici onorari. Carenze di organico in Italia:nel 2016 i giudici togati erano 10,6 per 100mila abitanti, ben al di sotto della media pari a 21 giudici. Situazione analoga per i procuratori, con l’Italia a quota 4 procuratori per 100mila abitanti a fronte di una media di 12. Non solo. Dal rapporto risulta che in Italia e in Austria i procuratori hanno un carico di lavoro particolarmente pesante. Per quanto riguarda la parità di genere, permangono le difficoltà di accesso a posizioni di responsabilità. Se le donne, tra i giudici togati, superano gli uomini con una percentuale del 53% rispetto al 47% degli uomini, il discorso cambia nelle giurisdizioni di più alto livello con le donne al 37% e gli uomini al 63%. Non solo. A guardare le presidenze dei tribunali il totale vede gli uomini al 66% e le donne al 34%; in primo grado la percentuale per gli uomini è del 61% e per le donne del 39%, in secondo grado il 71% uomini e il 29% donne, in ultimo grado il 75% uomini e il 25% donne.

Come da tradizione boom dell’Italia per gli avvocati: la media dei 45 Stati per 100mila abitanti è di 162 legali, mentre l’Italia svetta a quota 378,4, preceduta solo da Cipro a 425 (numero che include anche i legali che possono fornire solo consulenze ma non rappresentare i clienti nelle aule di giustizia), dal Lussemburgo a 403,1 e dalla Grecia a 390,3.

Per quanto riguarda la durata dei procedimenti, mentre alcuni Paesi come Grecia e Turchia peggiorano la propria situazione, l’Italia, negli ultimi 6 anni, migliora lentamente, ma costantemente. Nel 2010 la durata dei procedimenti civili e commerciali era di 493 giorni, 590 nel 2012, 532 nel 2014 e 514 nel 2016. In ogni caso, malgrado il miglioramento, resta una situazione molto più grave della media pari a 233 giorni. Scandagliando i singoli settori, in materia di divorzio, la durata media dei procedimenti di prima istanza in Italia è stata pari a 637 giorni, il tempo più elevato in assoluto. In materia di licenziamenti la durata media in primo grado è stata di 427 giorni (fanno peggio Croazia (808 giorni), Monaco (791) e Bosnia (438). Per le procedure d’insolvenza la durata media è stata di 138 giorni. Nel rapporto seguono i dati in secondo grado e dinanzi alle Corti supreme. Con l’Italia nella peggiore situazione: 1.442 giorni a fronte di una media di 238. Non solo. Malgrado la diminuzione di nuovi casi l’arretrato è aumentato. Per i procedimenti amministrativi, diminuiscono in Italia i casi pendenti che, in primo grado, sono 212.095 a fronte dei 267.247 del 2014 (la media è di 71.297 procedimenti). Particolare attenzione – scrive il Cepej – va rivolta all’Italia dove, in ultimo grado, il numero di casi pendenti è aumentato malgrado la diminuzione di nuovi casi, con una durata media pari a 986 giorni, più del doppio della media di 359 giorni.

Boom di casi riguardanti l’asilo: la Germania nel 2016 ha avuto 181.996 casi, seguita dall’Italia a quota 53.462 con una durata dei procedimenti di 1.343 giorni a fronte dei 374 della Germania. Per la giustizia penale i tempi migliorano: in primo grado la durata è di 310 giorni a fronte dei 386 del 2014 (la media è 138), in secondo grado 876 giorni (912 nel 2014), in Cassazione 191 giorni (233 nel 2014).

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