Esclusa la giurisdizione italiana se il diritto di inseguimento non inizia nel mare territoriale

I tribunali italiani non hanno giurisdizione nei casi di favoreggiamento per l’ingresso illegale di extracomunitari via mare se l’inseguimento della nave che trasporta clandestini è iniziato al di fuori del mare territoriale. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sezione prima penale, con la sentenza 32960/10 depositata l’8 settembre 2010 (sen32960). Alla Suprema Corte si erano rivolti due condannati in primo e secondo grado ad otto anni di reclusione per aver consentito l’ingresso illegale nel territorio italiano di 63 extracomunitari, i quali contestavano le decisioni dei giudici di merito che, a loro avviso, avevano deciso nel merito malgrado il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana perché la motonave sequestrata era turca e le navi erano state fermate al di fuori delle acque territoriali italiane. Una posizione condivisa dalla Corte di cassazione che ha annullato la sentenza. Per la Corte, infatti, il reato è stato consumato in aree sottratte alla giurisdizione italiana, oltre le 12 miglia marine. Né per i giudici di legittimità si poteva invocare la zona contigua perché la Turchia, stato della bandiera, «non ha mai aderito alla Convenzione di Montego Bay», disconoscendo, quindi, la natura consuetudinaria dell’istituto. Irrilevante anche il richiamo al diritto di inseguimento previsto dall’articolo 111 della Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare e il principio della presenza costruttiva, proprio perché l’inseguimento «non è iniziato nelle acque territoriali nazionali». Di conseguenza, per la Corte di Cassazione, i giudici italiani non avevano giurisdizione, ma essa doveva essere attribuita alla Turchia anche in ragione del principio della bandiera di cui all’articolo 97 della Convenzione di Montego Bay.

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