Il pregiudizio sui figli minori blocca l’esecuzione del MAE

Il mandato di arresto europeo non può essere eseguito nei casi in cui vi siano conseguenze negative sui figli minori in grado di ledere l’interesse superiore del minore la cui famiglia è radicata da anni in Italia. Lo ha deciso la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con sentenza n. 21988/13 depositata il 22 maggio 2013 (21988), con la quale è stata annullata la pronuncia della Corte di appello di Venezia che aveva dato il via libera alla consegna di un cittadino rumeno, da anni residente in Italia con la propria famiglia, condannato per furto di pollame in patria. Per la Suprema Corte, tenendo conto che la consegna provocherebbe un grave pregiudizio sui figli minori residenti in Italia perché il padre costituisce l’unica fonte di reddito per la famiglia priva di altri mezzi di sostentamento e dell’assenza di altri familiari in grado di supportare la famiglia, nonché del ridotto interesse punitivo per un furto di pollame, le autorità italiane non devono procedere alla consegna. Con queste motivazioni la Cassazione ha superato il limite testuale dell’articolo 18, lett. s della legge 22 aprile 2005 n. 69 (con la quale è stata data esecuzione alla decisione quadro  2002/584 relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna, modificata dalla 2009/299/Gai), che preclude la consegna solo nei casi in cui il mandato di arresto sia richiesto per madre con prole inferiore ai 3 anni residente in Italia, aprendo così a un ampliamento dell’operatività dei casi di rifiuto alla consegna che potrebbe presentare taluni profili di incompatibilità con la decisione quadro.

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