Inerzia e ritardi delle autorità nazionali: condanna all’Italia per non aver assicurato il diritto di visita a un padre con strumenti efficaci

I ritardi nell’attuazione effettiva dei provvedimenti in materia familiare costituiscono una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e, in particolare, del diritto al rispetto della vita familiare (articolo 8). Lo ha deciso la Corte europea di Strasburgo nella sentenza depositata oggi (ricorso Lombardo contro Italia, n. 25704/11, AFFAIRE LOMBARDO c. ITALIE) che ha condannato l’Italia per non aver garantito il diritto di visita a un padre che per ben dieci anni aveva potuto vedere solo sporadicamente la figlia, malgrado un tribunale avesse riconosciuto il diritto del padre a visite regolari. Gli ostacoli frapposti dalla madre avevano impedito lo svolgimento delle visite. Le autorità nazionali, inclusi i servizi sociali, poco avevano fatto per assicurare effettività alla pronuncia del tribunale con gravi danni nel rapporto tra genitore e figlio. Solo dopo molti anni era stato disposto un programma di sostegno psicologico per la madre e poi per la figlia. Per la Corte europea, inoltre, le misure disposte erano state automatiche e stereotipate senza una valutazione attenta del caso e senza tener conto che il decorso del tempo provoca, in materia familiare, gravi danni anche per il minore. Constatato che sul piano interno era stato fatto davvero poco e che non erano state adottate misure in grado di eseguire i provvedimenti del Tribunale, la Corte ha accertato la violazione dell’articolo 8 e ha condannato lo Stato a versare al padre un indennizzo per danni non patrimoniali  pari a 15mila euro più 10mila per le spese processuali sostenute.

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