La Cassazione fissa i criteri per risarcire il cosiddetto danno comunitario

La Corte di cassazione, sezione lavoro, con sentenza n. 27841 depositata il 30 dicembre 2014 (27481_12_2014) interviene a chiarire gli obblighi, derivanti dal diritto Ue come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea e, in particolare dall’ordinanza del 12 dicembre 2013, C-50/13, in materia di oneri probatori e risarcimento del danno a vantaggio del lavoratore vittima di una pratica abusiva nel ricorso a contratti a termine nel pubblico impiego. La Suprema Corte precisato che, in linea con la giurisprudenza della Corte Ue, è ammissibile che il diritto interno non preveda la trasformazione di contratti di lavoro a determinato in contratti a tempo indeterminato,  fissa i criteri per sanzionare l’uso abusivo di tale pratica che porta le amministrazioni pubbliche a un ricorso successivo di contratti di lavoro a tempo determinato. In questi casi, la Corte di cassazione, ricorrendo alla nozione di “danno comunitario”, ha disposto che il risarcimento deve essere conforme ai canoni di adeguatezza, effettività, proporzionalità e dissuasività anche per l’evidente necessità di realizzare una funzione deterrente e un effetto punitivo sul datore di lavoro. In ragione di tali obiettivi, l’interessato deve provare unicamente l’illegittima pratica che ha condotto il datore di lavoro a stipulare contratti a termine sulla base di esigenze “falsamente indicate come straordinarie e temporanee”. Proprio in un’ottica di favore verso il lavoratore, quest’ultimo non sarà tenuto a procedere alla costituzione in mora del datore di lavoro e dalla prova del danno effettivamente subito. In questo modo, seguendo le indicazioni di Lussemburgo, la Cassazione ha proceduto a un’assimilazione del sistema probatorio nella materia oggetto della pronuncia con quello previsto in materia di lotta alle discriminazioni. Pertanto, se l’interessato produce elementi di fatto precisi e concludenti si deve presumere che si è verificato un uso abusivo dei contratti a termine e che, di conseguenza, il lavoratore ha subito un danno. Spetta, eventualmente all’amministrazione competente dimostrare l’insussistenza dell’abuso. In ultimo, la Cassazione ritiene che il parametro per la liquidazione del danno da perdita del lavoro è quello di cui all’articolo 8 della legge 15 luglio 1966 n. 604 e non il sistema indennitario comprensivo della legge n. 183/2010.

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