Limitare le unioni civili registrate a coppie eterosessuali è in contrasto con la CEDU

Se uno Stato adotta una legge che introduce nel proprio ordinamento le unioni civili non può limitarne l’applicazione alle sole coppie eterosessuali. In caso contrario, se decide di escludere le coppie dello stesso sesso commette una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E’ il principio stabilito dalla Corte di Strasburgo nella sentenza depositata oggi (CASE OF VALLIANATOS AND OTHERS v. GREECE). La Grande Camera, il massimo organo giurisdizionale della Corte europea ha, infatti, condannato la Grecia per violazione dell’articolo 14 che vieta ogni forma di discriminazione e dell’articolo 8 che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare. La Grecia, dal 2008, ha introdotto una legge che prevede le unioni civili registrate al pari di altri 19 Stati parti alla Convenzione europea. Di questi Stati, solo Lituania e Grecia escludono dalle unioni registrate le coppie dello stesso sesso. La Corte riconosce che gli Stati sono liberi nella scelta di prevedere tali unioni nel proprio ordinamento, ma se decidono di farlo non devono commettere discriminazioni. Tanto più che nei casi in cui si verifica una differenza di trattamento in ragione dell’orientamento sessuale, il margine di discrezionalità degli Stati è più limitato. Ad avviso di Strasburgo – che non è stata convinta dalle giustificazioni greche relative alla protezione della famiglia in senso tradizionale – in un simile contesto legislativo la coppia eterosessuale è comparabile a quella dello stesso sesso e quindi non si comprende una limitazione nell’ambito di operatività delle unioni. A ciò si aggiunga che la realtà sociale è mutata e che vi è un trend degli Stati – precisa la Corte – verso il riconoscimento di effetti civili alle unioni tra coppie dello stesso sesso.

2 Risposte

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *