L’Italia continua a pesare sul carico di lavoro di Strasburgo. Allarme per il parere della Corte Ue sull’adesione dell’Unione alla CEDU.

L’Italia continua a pesare sul carico di lavoro della Corte europea dei diritti dell’uomo ma, negli ultimi mesi, la situazione inizia a migliorare. Nel 2014, come risulta dalla relazione annuale della Corte dei diritti dell’uomo presentata ieri a Strasburgo (Annual_Report_2014_ENG,  Stats_analysis_2014_ENG), Roma mantiene il secondo posto per numero di ricorsi pendenti dinanzi a una formazione giurisdizionale: sono ben 10.087 i casi in attesa di una decisione (14,4% del totale). Solo l’Ucraina, con 13.693 casi (19,5%), supera l’Italia che, però, da settembre a dicembre è riuscita a migliorare la propria situazione passando da 17mila ricorsi pendenti a 10mila, grazie soprattutto alle modifiche introdotte dopo la sentenza Torreggiani sul sovraffollamento carcerario e alla decisione della Corte nel caso Stella contro Italia, con la quale è stato espresso un giudizio positivo sulla misure adottate dopo la Torreggiani.

Nel complesso, il 2014 è da ricordare come un anno positivo per Strasburgo che diminuisce costantemente il suo arretrato sia per la piena operatività del Protocollo n. 14, sia per le modifiche apportate al regolamento di procedura che obbligano i ricorrenti al rispetto di requisiti formali più rigorosi. In totale, sono stati 56.250 i ricorsi attribuiti a una formazione giurisdizionale, con una diminuzione del 15% rispetto al 2013 (65.800). E’ la prima volta dal 2003 che il numero di ricorsi attribuiti a una camera o a un giudice segna una diminuzione. L’arretrato è diminuito del 30%, con 69.990 ricorsi pendenti a fronte dei 99.999 dell’anno precedente. Ben 83.675 ricorsi sono stati dichiarati irricevibili nel 2014. La Corte europea – scrive il Presidente Dean Spielmann – si è pronunciata in 93.000 casi, con un incremento del livello di produttività del 6% rispetto al 2012. Il declino significativo dell’arretrato indica un sicuro effetto positivo del sistema di filtro, ma resta il problema dei casi seriali (oltre 34mila), per i quali si dovrebbe puntare a un migliore utilizzo del giudice unico. Nel 2014 sono aumentati i ricorsi interstatali a causa del conflitto tra Ucraina e Russia. Allarme per il parere della Corte di giustizia dell’Unione europea. Un parere che non convince il Presidente della Corte di Strasburgo secondo il quale le prime vittime saranno i cittadini, privati del diritto di ottenere che gli atti Ue siano soggetti a un controllo giurisdizionale esterno.

Le sentenze depositate sono state 891 con una diminuzione del 3% rispetto all’anno scorso (916).

Targate Italia, 44 sentenze: 39 violazioni (erano 32 nel 2013), 2 assoluzioni e tre sentenze in materia di equa soddisfazione. In 17 sentenze la condanna ha riguardato l’articolo 6 della Convenzione in materia di equo processo e in 16 il diritto di proprietà. Nel 2014 superano l’Italia, la Russia con 122 condanne, la Romania (74), la Turchia (94), la Grecia (50), l’Ungheria con 49, l’Ucraina a pari merito con 39.

Dal 1959 ad oggi l’Italia è stata destinataria di 2.512 sentenze di cui 1.760 condanne, al secondo posto dopo la Turchia a quota 2.733.

Tra le pronunce più significative del 2014 rese nei confronti dell’Italia, la sentenza Grande Stevens del 4 marzo 2014 sul ne bis in idem e la prima pronuncia della Corte europea relativa alla violazione del diritto all’equo processo per il mancato rinvio pregiudiziale a Lussemburgo (Dhahbi).

 

1 Risposta
  • curino
    febbraio 5, 2015

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