Con la sentenza n. 23171 depositata l’11 maggio, la Corte di Cassazione, quarta sezione penale, interviene a precisare l’applicazione del principio del ne bis in idem nel caso di sanzione amministrativa relativa alla revoca della patente di guida (23171-17). Il ricorso era stato presentato da un uomo destinatario di una sentenza del Tribunale di Milano con la quale, in aggiunta a una pena patteggiata tra le parti, era stata affiancata la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida. A suo avviso, questa sanzione aveva natura penale con la conseguenza che si poteva configurare l’illegittimità costituzionale dell’articolo 186, comma 2-bis del codice della strada per contrarietà agli articoli 3 e 27 della Costituzione anche a causa del fatto che nell’applicare la sanzione amministrativa il giudice non avrebbe alcuna discrezionalità. Prima di tutto, la Cassazione si è soffermata sulla natura sostanzialmente penale della sanzione amministrativa della revoca della patente alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Ad avviso della Suprema Corte, una simile prospettazione sarebbe il frutto di “un’applicazione acritica del diritto di fonte convenzionale”, senza dimenticare che l’irrogazione di una sanzione amministrativa accessoria in un processo penale non vuol dire affatto che l’imputato subisca un nuovo procedimento per il medesimo fatto. Per la Cassazione anche se sussistono alcuni caratteri comuni questo non vuol dire che sussista sempre un’equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale soprattutto nei casi in cui “una serie di sanzioni (detentiva, pecuniaria, interdittiva) siano previste cumulativamente dalla normativa penale a tutela di interessi generali non omogenei, come tali non sovrapponibili”. Al di là del caso di specie, se è corretto rilevare che non sussiste un’assimilazione indifferenziata delle sanzioni amministrative a quelle penali, con la necessità di un esame del caso concreto, non appare condivisibile, però, la portata estremamente restrittiva circa gli effetti delle sentenze della Corte europea individuata dalla Cassazione secondo la quale il principio del ne bis in idem enunciato da Strasburgo si dovrebbe sempre riferire al singolo caso perché l’approccio pragmatico della Corte europea “non si presta a generalizzazioni concettuali oltre i limiti dell’oggetto del singolo giudizio”.
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