No a sanzioni pecuniarie nei confronti di giornalisti senza tener conto della loro situazione economica. E questo anche quando a versare i risarcimenti sono gli editori perché, in ogni caso, l’applicazione di sanzioni eccessive produce un effetto dissuasivo sulla libertà di stampa. E’ la Corte europea dei diritti dell’uomo a stabilirlo con la sentenza Kapsis e Danijas contro Grecia (ricorso n. 52137/12) depositata il 19 gennaio (AFFAIRE KAPSIS ET DANIKAS c. GR?CE). Per Strasburgo, le autorità giurisdizionali nazionali non rispettano i parametri fissati dalla Corte europea quando stabiliscono sanzioni sproporzionate colpendo le tasche dei giornalisti, con sicuri effetti deterrenti sulla libertà di stampa. Con la conseguenza che lo Stato incorre in una violazione dell’articolo 10 della Convenzione europea che assicura la libertà di espressione e in una condanna da parte dei giudici internazionali. A rivolgersi alla Corte di Strasburgo sono stati il direttore e il giornalista di un quotidiano greco. Il cronista aveva scritto un articolo sulle nomine decise dal Ministro della cultura nella Commissione consultiva sui sovvenzionamenti ai teatri. Tra le persone nominate, anche un’attrice definita nell’articolo come “completamente sconosciuta”. La donna aveva citato in giudizio i due ricorrenti che erano stati condannati a pagare 30mila euro. Una sanzione giudicata sproporzionata dalla Corte europea. L’attrice – osserva la Corte – era stata nominata in un organo di natura politica con la conseguenza che era del tutto giustificato che i giornalisti si occupassero della sua designazione, tanto più che non poteva essere considerata un “semplice individuo” vista la sua nomina politica. I giudici nazionali, inoltre, non hanno applicato i parametri di Strasburgo perché non hanno tenuto conto che si trattava di un giudizio di valore e non hanno preso in considerazione il contesto complessivo, giudicando una singola frase dell’articolo e questo malgrado, già in diverse occasioni, la stessa Corte europea abbia stabilito che non è possibile estrapolare le singole frasi per verificare una lesione alla reputazione altrui. Il giornalista, infatti, ha piena libertà nella scelta dello stile e non spetta certo ai giudici nazionali indicare lo stile da seguire che può essere sarcastico e aspro. L’ingerenza, così, non è stata proporzionata rispetto al fine perseguito ossia la protezione della reputazione della donna. A ciò si aggiunga che per quantificare l’importo per il risarcimento del danno, i giudici nazionali non hanno seguito i criteri di Strasburgo perché non hanno preso in esame la situazione economica dei giornalisti. Poco importa – osserva la Corte – che il risarcimento è stato poi versato dall’editore perché, in ogni caso, la previsione di una sanzione pecuniaria non conforme ai principi determinati dalla Corte europea ha un effetto dissuasivo sulla libertà di stampa che rischia, proprio per il timore di una sanzione, di non contribuire alla discussione pubblica su questioni di interesse generale, con un danno alla funzione di controllo che la stampa è chiamata ad esercitare. La Corte europea, in questo caso, non ha concesso un risarcimento per i danni patrimoniali perché l’importo era stato versato dall’editore, ma ha previsto 2mila euro per i giornalisti per il pregiudizio morale subito, con ciò valutando che quando i giornalisti sono costretti a subire un’azione sul piano giudiziario subiscono un sicuro danno morale.
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