Sì a misure coercitive per l’equipaggio a bordo di una nave priva di bandiera nel mare internazionale

Via libera a provvedimenti coercitivi nei confronti di stranieri a bordo di navi che non battono la bandiera di alcuno Stato e che si trovano nel mare internazionale. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sezione prima penale, con sentenza n. 36052 depositata il 20 agosto (nave), che spiana la strada alla lotta contro il traffico di esseri umani. Per la Cassazione, uno Stato costiero ha diritto di intervenire a bordo di una nave che si trova nel mare internazionale per reati commessi in tutto o in parte sul territorio statale. Alla Suprema Corte si era rivolta un cittadino egiziano sottoposto a custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il ricorrente sosteneva che le autorità italiane non avevano giurisdizione perché al momento del fermo si trovava a bordo di una nave non italiana in acque internazionali. La misura era stata disposta nell’ambito di un’indagine avviata a seguito di una segnalazione di Frontex che aveva indicato la presenza di una nave, priva di bandiera e con il nome abraso, con un’imbarcazione più piccola al rimorchio, che era sbarcata in Sicilia. Di qui l’azione nei confronti dell’equipaggio a bordo della nave principale.

Un’azione legittima così come erano legittimi i provvedimenti restrittivi che non hanno violato il principio della libertà dell’alto mare, affermato anche dalla Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare, ratificata dall’Italia. Ora, non solo le autorità italiane avevano l’obbligo di soccorrere i migranti secondo quanto disposto anche dalla sentenza della Corte europea nel caso Hirsi e dalla Convenzione di Montego sul diritto del mare, ma gli inquirenti potevano disporre misure coercitive nei confronti di individui che si trovavano a bordo della nave in acque internazionali in ragione del fatto che la nave era priva di nazionalità. Per la Cassazione, se una nave non è riconducibile ad uno Stato – come nel caso di specie – “né la nave né le persone che vi si trovano a bordo godono della libertà di navigazione”. I singoli – osserva la Cassazione – non possono rivendicare il principio di libertà dell’alto mare proprio perché la libertà di navigazione dipende esclusivamente dallo Stato della bandiera e non dall’appartenenza di una nave ad alcune persone fisiche o giuridiche. Va esclusa, quindi, la tesi del ricorrente secondo il quale nell’alto mare vige un principio di assoluta libertà che, in pratica, assicurerebbe l’impunità a chiunque si trovi su una nave non battente alcuna bandiera. Una situazione che, d’altra parte, impedirebbe la lotta a gravi reati. Pertanto, per la Cassazione, “l’assenza di un rapporto tramite la nave tra il navigante in alto mare e altro Stato non consente al singolo di rivendicare” una sorta di immunità dalla giurisdizione. Di conseguenza, le autorità dello Stato costiero hanno il diritto di esercitare un potere coercitivo conformemente al diritto interno e alle convenzioni internazionali.

 

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