Whistleblowers: il Consiglio d’Europa chiede l’adozione di una convenzione internazionale

Necessario adottare una convenzione internazionale per proteggere i whistleblowers, soprattutto nei casi in cui lavorino nell’ambito dei servizi di sicurezza nazionali. Lo chiede, nel rapporto intitolato “Migliorare la protezione dei whistleblowers”, il relatore Pieter Omtzigt che ha presentato il rapporto al Comitato sugli affari giuridici e sui diritti umani dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (AS/Jur(2015)06, Jur). Troppo spesso, trincerandosi dietro ragioni di sicurezza nazionale, gli Stati invece di proteggere gli informatori che svelano violazioni dei diritti umani, casi di corruzione, procedure di sorveglianza di massa e altro, procedono alla punizione dei whistleblowers. Basti pensare al caso Snowden. Di qui la necessità di procedere all’adozione di una convenzione internazionale e, al tempo stesso, a legislazioni nazionali funzionali alla protezione di coloro che svelano illeciti commessi nel nome della sicurezza nazionale. Passi avanti sono stati già compiuti grazie alla Corte europea dei diritti dell’uomo che, in numerosi casi citati nel rapporto, ha proceduto a proteggere il diritto alla libertà di espressione dei whistleblowers facendolo prevalere sulle esigenze di sicurezza nazionale. Tra l’altro, dinanzi alla Corte pendono molti ricorsi contro Stati che hanno attuato programmi di sorveglianza di massa (si veda, tra gli altri, il ricorso Big Brother Watch e altri contro Regno Unito, n. 58170/13).

Anche l’Assemblea parlamentare è intervenuta con l’adozione della raccomandazione n. 1954 (2013) intitolata “Sicurezza nazionale e accesso alle informazioni” chiedendo un attento esame delle attività dei servizi segreti e il rispetto dei Global Principles on National Security and the Right to information (Tshwane Principles).

Il documento sarà discusso nel corso della sessione estiva dell’Assemblea parlamentare.

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