Respingimenti di massa verso la Libia: condanna all’Italia da Strasburgo

L’Italia condannata per le espulsioni di massa verso la Libia. La Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, con una storica sentenza depositata oggi (ricorso n. 27765/09, Hirsi Jamaa a altri, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?action=html&documentId=901565&portal=hbkm&source=externalbydocnumber&table=F69A27FD8FB86142BF01C1166DEA398649) ha accertato che il Governo italiano ha violato l’articolo 3 della Convenzione dei diritti dell’uomo che vieta la tortura e i trattamenti disumani e degradanti e l’articolo 4 del Protocollo n. 4 che mette al bando le espulsioni collettive. E’ la prima volta che la Corte applica la norma a un caso di consegna di immigrati a un terzo Stato che poi esegue le espulsioni. 

Alla Corte europea si erano rivolti 11 cittadini somali e 13 eritrei. Fermati a bordo di alcuni pescherecci dalla Guardia di Finanza, in alto mare, erano stati trasferiti su una nave militare e ricondotti in Libia, luogo di partenza. Il Governo italiano le ha provate tutte per far dichiarare il ricorso irricevibile, avanzando addirittura un’eccezione fondata sull’assenza di giurisdizione italiana. Una tesi del tutto respinta dalla Corte: gli Stati, in base al diritto internazionale, hanno la giurisdizione sui fatti che avvengono a bordo delle proprie navi e quindi il Governo non può negare di aver avuto un controllo analogo a quello che ha sul proprio territorio a bordo di una nave battente bandiera italiana. Senza dimenticare che la nave che ha trasportato i profughi in Libia era una nave militare: chiara, quindi, la giurisdizione italiana con la consequenziale applicazione della Convenzione in base all’articolo 1.

Detto questo, la Corte è passata ad analizzare la violazione dell’articolo 3 della Convenzione. Nessun dubbio che gli immigrati in Libia erano trattati in modo disumano, come confermato anche dal rapporto del Comitato sulla prevenzione della tortura. Non solo. Per tutti gli immigrati, inclusi coloro che avevano diritto alla concessione dell’asilo, la Libia disponeva il rientro in Patria, malgrado i rischi di tortura. Non basta – precisa la Corte – ratificare trattati internazionali per dedurre che uno Stato rispetta i diritti umani tanto più nei casi in cui vi sono rapporti di organizzazioni internazionali che attestano il contrario. L’Italia, poi, consegnando tutti gli immigrati alle autorità libiche ha anche violato il principio di non refoulement effettuando, di fatto, un respingimento in mare di migranti e senza poi preoccuparsi che in Libia non vi fossero garanzie sulla sicurezza di persone a rischio di persecuzioni nel Paese di origine.

Per quanto riguarda l’articolo 4 del Protocollo 4, la Corte ha riconosciuto che, in via generale, la nozione di espulsione ha carattere territoriale e che quindi lo Stato parte alla Convenzione non deve procedere a espulsioni partendo dal proprio territorio. Tuttavia, nel caso di specie, la Corte non ha esitazioni nel riconoscere che l’esercizio della giurisdizione al di fuori del proprio territorio, a bordo della nave, determina la responsabilità dello Stato perché il comportamento italiano ha consentito le espulsioni collettive dalla Libia verso i Paesi di origine. D’altra parte, le stesse autorità italiane non hanno svolto alcun accertamento sull’identità degli immigrati: gli stranieri sono stati imbarcati su una nave italiana e consegnati in Libia. Né – precisa la Corte europea – l’Italia può sottrarsi al rispetto delle proprie responsabilità invocando il Trattato bilaterale con la Libia.

Accertate le violazioni, inclusa quella dell’articolo 13 poiché gli immigrati non hanno avuto a disposizione alcun rimedio giurisdizionale effettivo, la Corte ha concesso a ogni ricorrente 15mila euro per i danni morali subiti.

3 Risposte

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *