Cambiamenti climatici: in salita i ricorsi alla CEDU

Un nuovo freno da Strasburgo per i ricorsi individuali in materia di cambiamenti climatici. La Corte europea dei diritti dell’uomo, con decisione resa pubblica l’11 dicembre, nel caso Fliegenschnee e altri contro Austria (ricorso n. 40054/23), ha dichiarato inammissibile il ricorso di tre cittadini austriaci e di un’associazione ambientalista (FLIEGENSCHNEE AND OTHERS v. AUSTRIA). I ricorrenti sostenevano che il rifiuto del Governo austriaco di vietare la vendita di combustibili fossili dal 2025 e l’uso di tali combustibili nell’aviazione dal 2040 avesse compromesso alcuni diritti convenzionali ossia il diritto alla vita (articolo 2) e al rispetto della vita privata e familiare (articolo 8), nonché l’articolo 1 del Protocollo n. 1 (diritto di proprietà, finora non invocato in materia di cambiamenti climatici). Con riguardo alla prima ipotesi, la Corte ha evidenziato che sussistono forti dubbi sul fatto che i mancati interventi del Governo abbiano avuto conseguenze sulla vita dei ricorrenti ritenendo così di analizzare la questione sulla base dell’articolo 8. Tuttavia, anche in questo caso, la Corte osserva che i ricorrenti non hanno fornito alcuna prova sulla loro qualità di vittima e sull’esistenza di un grave danno e, quindi, non rispettando i parametri individuati nel caso Verein Klimaseniprinnes Schweiz e altri contro Svizzera, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Nel contesto dei cambiamenti climatici – specifica la Corte – bisogna distinguere tra la portata del margine di discrezionalità relativo alle misure per combattere il climate change e la definizione degli obiettivi rispetto alla scelta dei mezzi atti a raggiungere tali obiettivi. Ora, se nella prima situazione il margine di discrezionalità è ridotto, nel caso della scelta dei mezzi, incluse le scelte operative e le politiche adottate dagli Stati, il margine di discrezionalità è ampio. Nel ricorso in esame, inoltre, la Corte ha constatato che non è stata fornita alcuna prova delle presunte vulnerabilità dei ricorrenti e dei rischi a cui sarebbero stati esposti, né è stata provata la necessità di garantire una protezione individuale. Con riguardo al ricorso dell’associazione ambientalista, per Strasburgo non è necessario accertare se l’associazione abbia la legittimazione ad agire in quanto l’articolo 8 non può essere interpretato nel senso di garantire il diritto a ottenere da un organo statale una specifica misura di mitigazione climatica in base a una specifica legge scelta dal ricorrente. L’associazione, in effetti, non si era attivata per ricorrere ad altre misure per raggiungere il risultato di tutela ambientale, ma si è limitata a chiede un provvedimento specifico al ministro dell’economia e degli affari digitali. Così, la Corte ha ravvisato la manifesta infondatezza e dichiarato il ricorso inammissibile anche con riguardo all’articolo 1 del Protocollo n. 1 invocato dai ricorrenti.

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