I benefici concessi alle coppie sposate vanno estesi anche a chi conclude i Pacs

 

E’ contraria all’articolo 2, par. b, della direttiva 2000/78 del 27 novembre 2000 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro il contratto collettivo che nega al lavoratore che ha stipulato un Pacs con una persona dello stesso sesso diritti e benefici concessi invece a coloro che contraggono matrimonio, in particolare quando il diritto interno non prevede alle coppie dello stesso sesso la possibilità di sposarsi. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 12 dicembre 2013 (C-267/12, Hay, C-267:12), nella quale la Corte, pur riconoscendo la libertà degli Stati nell’adozione delle legislazioni nazionali in materia di stato civile, afferma che laddove un Paese membro introduce nel proprio ordinamento i patti civili di solidarietà tra partner dello stesso sesso non può negare a coloro che stipulano questi accordi l’attribuzione di benefici, come il congedo straordinario o un premio stipendiale, se questi vantaggi sono concessi ai dipendenti in occasione del matrimonio.

La Corte di giustizia, nell’arrivare a questa conclusione, si distacca anche dalla pronuncia della Corte costituzione francese che, con decisione n. 2011-155, aveva affermato che le coppie sposate e quelle che hanno stipulato un Pacs non si trovano in una situazione analoga. Per Lussemburgo, invece, poiché coloro che concludono i Pacs scelgono di organizzare una vita in comune in modo analogo a coloro che contraggono matrimonio, è evidente che le rispettive coppie si trovano in una situazione analoga. Con la conseguenza che, sul posto di lavoro, chi conclude un Pacs non può essere discriminato rispetto ai coniugi sul posto di lavoro.

 

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