Pubblicato il rapporto annuale sull’attività della Corte europea dei diritti dell’uomo

Sono stati 36.092 i ricorsi sui quali la Corte europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata nel 2021, con una diminuzione dell’8% rispetto all’anno precedente. Ben il 76% dei ricorsi è stato dichiarato inammissibile e solo il 9% è arrivato a sentenza. Ma sono aumentate del 9% le sentenze della Grande Camera (428 rispetto a 1.037 ricorsi). Un dato positivo, ha dichiarato il Presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo, Robert Spano, nel corso della presentazione della relazione annuale sull’attività 2021, che si è tenuta il 25 gennaio 2022 (rapporto annuale ECHR).

Sono aumentati i ricorsi pendenti: un incremento del 13%  che porta, nel complesso, i casi da 62.000 nel 2020 a 70.150 nel 2021. Ben il 70% dei ricorsi riguarda la Federazione Russa (+24% rispetto all’anno precedente), la Turchia (+ 30%), l’Ucraina (+9%) e la Romania (con una diminuzione del 24%). Segue l’Italia con 3.646 casi pendenti: certamente una posizione imbarazzante tenendo conto che altri Paesi Ue si trovano ben al di sotto (la Francia ha solo 660 ricorsi pendenti, la Germania 168, la Spagna 136). Sono aumentati, nel 2021, i ricorsi contro l’Italia che passano da 1.497 del 2020 a 1.610 nel 2021.

Continuano, quindi, ad essere molti i ricorsi pendenti e se certo l’aumento di sentenze della Grande Camera è un dato positivo perché vuol dire che sono stati risolti i casi più complessi, è anche vero che sono ancora troppi i ricorrenti in attesa di risposte. La Corte ha così messo in campo una nuova strategia che si aggiunge alla politica di prioritarizzazione. Questo il sistema: per i casi non prioritari, ma che possono essere di grande importanza per il ricorrente e per lo Stato convenuto o per lo sviluppo del sistema convenzionale e che sono denominati “impact cases”, la Corte procede a una rapida identificazione e classificazione di questi casi e agisce con una maggiore semplificazione. Il Presidente della Corte ha segnalato anche i criteri per la classificazione di questi ricorsi che, ad esempio, possono portare a un cambiamento del diritto internazionale o del diritto interno, nonché a modifiche nella prassi; casi che riguardano le nuove tecnologie su questioni mai sollevate dinanzi alla Corte o che pongono questioni di interesse di carattere sociale. Al primo gennaio 2022 – osserva Spano – erano più di 500 i casi che rientrano in questa nuova categoria: alcuni in materia di liberà di espressione, di libertà di stampa, casi in materia di informazione e inquinamento ambientale.

Tornando ai dati relativi all’attività nel 2021, le sentenze pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2021 sono state 1.105 a fronte delle 871 del 2020. L’Italia è stata destinataria di 39 sentenze delle quali 33 si sono concluse con un accertamento di almeno una violazione (erano 14 nel 2020): preoccupante che il numero più alto di condanne per l’Italia abbia riguardato l’articolo 2 sul diritto alla vita (seguito dall’articolo 6 sull’equo processo). Peggio di tutti ha fatto la Russia con 219 “condanne”, l’Ucraina con 194, la Romania e la Turchia 76, la Repubblica di Moldova 48.

 

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