Pubblicato il documento della Procura della Corte penale internazionale per affrontare i danni ambientali attraverso lo Statuto

L’Ufficio del Procuratore della Corte penale internazionale ha pubblicato la “Policy on addressing environmental damage through the Rome Statute” per chiarire in quali casi un grave danno ambientale possa essere collegato e espressione di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e aggressione (Policy environment). Il testo, che illustra come la Procura può indagare sui crimini rientranti nello Statuto in presenza di una dimensione ambientale, è frutto di consultazioni pubbliche e del supporto dello Special Adviser, il professore Kevin Jon Heller.

Il documento punta ad assicurare un approccio sistematico ai casi di danni ambientali gravi nel caso di crimini e si propone come strumento per garantire la trasparenza e la prevedibilità del lavoro della Procura alla luce dello Statuto e delle altre regole di diritto internazionale. L’analisi è stata condotta delineando il quadro normativo esistente, tenendo altresì conto del link tra gravi crimini internazionali e danni significativi all’ambiente come dimostra il caso dell’avvelenamento dei pozzi e delle riserve di acqua nel Darfur. 

Nello Statuto – va sottolineato – i riferimenti ai danni ambientali sono limitati e si ritrovano soprattutto nell’articolo articolo 8, par. 2, lett. b) iv) dedicato ai crimini di guerra tra i quali sono inclusi il “lanciare intenzionalmente attacchi nella consapevolezza che gli stessi avranno come conseguenza la perdita di vite umane tra la popolazione civile, lesioni a civili o danni a proprietà civili ovvero danni diffusi, duraturi e gravi all’ambiente naturale che siano manifestamente eccessivi rispetto all’insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti”. Tuttavia, la Procura ha evidenziato in quali casi i crimini possono essere commessi anche attraverso i danni ambientali. Ad esempio, per quanto riguarda il crimine di genocidio è sottolineato che l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo che connota il genocidio può realizzarsi anche attraverso mezzi o metodi che procurano un danno ambientale, come avvenuto, ad avviso della Procura, nel caso del Sudan.

La Procura ha sottolineato che le indagini sui danni ambientali in relazione ai crimini di competenza della Corte si differenziano dalle proposte di emendare lo Statuto per introdurre l’ecocidio.

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