Sulla lotta alla deforestazione la Commissione prova a guidare Stati e imprese

Per provare a garantire la corretta attuazione delle regole per fronteggiare la deforestazione e anche per spingere Stati e operatori a superare la diffidenza verso le regole Ue funzionali a garantire il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità, la Commissione europea ha pubblicato, il 12 agosto, il secondo documento di orientamento per l’applicazione corretta del regolamento 2023/1115 relativo ai prodotti a deforestazione zero (EUDR), come modificato dal 2024/3234 che ha stabilito un rinvio nell’applicazione, ora fissata al 30 dicembre 2025 per i grandi operatori e commercianti e al 30 giugno 2026 per micro e piccole imprese, comunicazione deforestazione). In un contesto complessivo che vede l’Unione europea indietreggiare rispetto alle misure previste per garantire sostenibilità e neutralità climatica, tra ostacoli frapposti da Stati terzi e imprese riluttanti, Bruxelles ha provato a fornire una guida agli operatori e ai commercianti nonché un supporto alle autorità nazionali competenti e agli organi giurisdizionali nazionali per assicurarne la migliore attuazione. In questa direzione, la Commissione ha redatto gli orientamenti e risolto un primo dubbio sui rapporti tra il regolamento EUDR e la direttiva 2024/1760 relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (CSDDD) chiarendo che, pur trattandosi di atti complementari, in caso di contrasto prevale il regolamento in quanto lex specialis.

Dopo aver fornito taluni chiarimenti sulle definizioni contenute nel regolamento, la Commissione ha delineato il perimetro di applicazione che racchiude le situazioni in cui “prodotti interessati sono immessi sul mercato o esportati o sono destinati a tale scopo” e, per i commercianti, nel momento in cui “le materie prime interessate o i prodotti interessati sono ‘messi a disposizione sul mercato’, o sono destinati a tale scopo”.

Gli Orientamenti illustrano diversi scenari che vanno dalle attività di trasformazione dei prodotti, in cui ad esempio è coinvolta un’impresa che acquista olio di palma per poi produrre grassi industriali rivenduti ad altra azienda, alle attività riguardanti i materiali di imballaggio. Se una piccola o media impresa stabilita nell’Ue importa una determinata tipologia di carta da un produttore stabilito in un Paese terzo e la utilizza per imballare altri prodotti poi venduti sul mercato UE, dovrà effettuare la dichiarazione di dovuta diligenza nella fase dell’importazione della carta come prodotto a sé stante, ma non quando la carta è successivamente utilizzata per l’imballaggio di altre merci perché non “è disciplinata come prodotto interessato” secondo il regolamento. Sempre rimanendo sugli interventi interpretativi delle nozioni alla base del regolamento, la Commissione ha chiarito la nozione di dovuta diligenza in base alla quale l’operatore deve aggiornare l’insieme di procedure e di misure per assicurare il rispetto del regolamento, specificando gli interventi di attenuazione del rischio.

L’introduzione del concetto di “complessità della catena di approvvigionamento”, che è uno dei criteri di valutazione del rischio ed è parte integrante dell’esercizio di dovuta diligenza, ha spinto la Commissione a delineare il percorso per tracciare i prodotti interessati fino al Paese di produzione con l’obiettivo di evitare che materie prime e prodotti non conformi entrino nella catena di approvvigionamento, rischio che aumenta in rapporto alla complessità della catena di approvvigionamento e al numero di trasformatori e intermediari (par. 5). Sul profilo del rispetto dell’obbligo di dovuta diligenza per l’aspetto della legalità, gli operatori sono tenuti a conoscere la legislazione esistente “in ciascuno dei Paesi di approvvigionamento per quanto riguarda lo status giuridico della zona di produzione”, inclusi gli atti internazionali vincolanti per quel Paese e le decisioni giudiziarie.

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