Uno scenario ricorrente, ma ignorato dall’Occidente. Oltre ad aver aggredito un Paese sovrano, da febbraio 2022 la Russia ha moltiplicato gli atti di repressione nei confronti di attivisti, giornalisti, dissidenti e di chiunque provi a contestare le scelte del Presidente Putin. Secondo uno scenario tipico che, però, non ha mai interessato più di tanto organizzazioni e Stati che hanno continuato a fare affari con la Russia, e che è simile a quello messo in atto durante la guerra in Cecenia e in Georgia, da febbraio 2022, la Russia ha rafforzato la repressione delle libertà fondamentali anche ricorrendo in modo abusivo a ragioni di sicurezza nazionale per colpire dissidenti, accademici, giornalisti e attivisti che hanno osato esprimere critiche nei confronti di Putin. Lo scrive, nel rapporto del 16 settembre (A/80/382, situazione in Russia) la Relatrice speciale sulla situazione dei diritti umani in Russia, Mariana Katzarova. Un rapporto che è stato del tutto ignorato anche da persone impegnate nella tutela dei diritti umani e da politici e attivisti.
La Relatrice speciale ha accertato che da febbraio 2022, ossia dal momento dell’aggressione all’Ucraina, la Russia ha iniziato a fare un massiccio ricorso alla normativa sulla sicurezza nazionale accusando attivisti e dissidenti di cooperazione con gli Stati esteri, di spionaggio, di aiuto al nemico, di violazioni del segreto di Stato. Non solo. Il Presidente Putin, così come in Cecenia aveva sterminato una generazione, ha dato il via a misure che hanno portato a includere 150 minori nell’elenco di terroristi ed estremisti, con condanne elevate come quella arrivata a luglio 2025 a un quindicenne, punito con 5 anni di carcere.
Secondo tradizione, colpiti i giornalisti. Dal 2024 a luglio 2025 – scrive la Relatrice – sono stati aperti 8 nuovi procedimenti contro i giornalisti, 12 sono stati condannati per estremismo e 7 per propaganda. La partecipazione a Radio Free Europe è costata una condanna a 4 anni di carcere a una giornalista russa e il reporter del Wall Street Journal Evan Gershkovich è stato condannato a 16 anni e poi rilasciato grazie alla mediazione degli Stati Uniti. Colpiti anche docenti e intellettuali e chiunque si sia avvicinato alla Fondazione Navalny. Il rapporto si chiude con una serie di raccomandazioni che non solo saranno ignorate da Mosca, ma anche da Stati e da numerose organizzazioni governative e non governative.
Aggiungi un commento