Maternità surrogata all’estero: l’adozione in casi particolari evita la violazione della Convenzione europea

La Corte europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza X contro Italia (ricorso n. 42247/23, AFFAIRE X c. ITALIE (1)), depositata il 9 ottobre, affronta nuovamente la questione della registrazione negli uffici di stato civile del genitore intenzionale nel caso in cui il rapporto di filiazione sia conseguenza di procreazione medicalmente assistita all’estero da parte di una coppia dello stesso sesso. Per Strasburgo, l’Italia non ha violato l’articolo 8 della Convenzione, che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare perché, pur procedendo alla cancellazione del nome della madre d’intenzione dai registri dello stato civile, ha ammesso il ricorso all’adozione in casi particolari per la costituzione del rapporto di filiazione.

Il ricorso è stato presentato dalla madre biologica per conto del figlio nato da procreazione medicalmente assistita effettuata in Spagna. Il neonato era nato in Italia e l’ufficio dello stato civile aveva proceduto all’iscrizione nei registri indicando la madre biologica e, successivamente, su sua richiesta, anche la madre d’intenzione la quale aveva presentato un’istanza per essere indicata come madre nello stesso atto di nascita. La procura della Repubblica aveva chiesto l’annullamento dell’iscrizione in applicazione dell’articolo 95 del d.P.R. n. 396/2000 e il Tribunale aveva dichiarato illegittimo l’atto di nascita, conclusione confermata in Appello e in Cassazione. Per quanto riguarda il procedimento a Strasburgo, la Corte ha osservato, in primo luogo, che il minore ha il diritto ad accertare in dettaglio la propria identità, incluso il rapporto di filiazione e, quindi, il ricorso presentato dalla madre biologica per conto del figlio è stato correttamente fondato sulla possibile violazione dell’articolo 8. Tuttavia, la Corte europea ritiene che nel caso in esame non vi sia stata una violazione perché, considerando che per l’accertamento della violazione dell’articolo 8, è necessario seguire un approccio globale, “che tenga conto non solamente della situazione al momento della nascita del minore”, ma anche del possibile futuro riconoscimento e che la madre intenzionale poteva fare ricorso all’adozione in casi particolari, non si può ritenere che sia stato compromesso il diritto al rispetto della vita privata e familiare, anche valutando l’ampio margine di apprezzamento concesso agli Stati su materie sensibili e in cui non vi è consenso tra gli Stati parte alla Convenzione. Rientra nel margine di apprezzamento degli Stati – osserva Strasburgo – la scelta delle modalità con le quali assicurare l’indicato diritto e, quindi, il rifiuto della registrazione può essere compensato da un altro strumento come l’ammissione all’adozione in casi particolari. Per la Corte europea, infatti, non è determinante la previsione di un meccanismo formale, ma è sufficiente che il rispetto del diritto sia garantito in modo effettivo. Sin dal 2014 – precisa Strasburgo – i tribunali nazionali hanno ammesso il ricorso all’adozione in casi particolari e si è così verificata un’evoluzione della giurisprudenza della quale, però, la madre d’intenzione, in questo caso, non si era avvalsa. La Corte europea, poi, ha considerato la pronuncia della Corte costituzionale italiana che, con la sentenza n. 68/2025 del 22 maggio, ha stabilito che l’articolo 8 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), è incostituzionale nella parte in cui “non prevede che pure il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all’estero, in osservanza delle norme ivi vigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale”, affermando altresì che l’adozione in casi particolari non equivale a creare un legame simile a quello di filiazione derivante dalla trascrizione. Tuttavia, la Corte di Strasburgo non ha aderito a questa valutazione perché per assicurare il rispetto dell’articolo 8 non è necessario che vi sia un’equivalenza totale tra le due possibilità (registrazione diretta e adozione in casi particolari).  Non formulando la domanda di adozione in casi particolari, la madre d’intenzione aveva causato il ritardo nella formalizzazione del legame, prolungando “l’incertezza giuridica” del figlio nonostante avrebbe potuto avvalersi di un sistema che avrebbe portato al riconoscimento del legame. Così, la Corte ha escluso la violazione da parte dello Stato in causa.

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