Trattato di estradizione Italia-Messico: chiarimenti dalla Cassazione

La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza n. 23490 depositata il 24 giugno (23490) interviene a fornire alcuni chiarimenti sul Trattato di estradizione tra Italia e Messico del 28 luglio 2011, ratificato dall’Italia con legge 15 giugno 2015 n. 89 (Trattato). L’occasione nasce dal ricorso presentato da un cittadino messicano che aveva impugnato l’ordinanza della Corte di appello di Roma con la quale era stata respinta l’istanza volta a far cessare la misura cautelare nei confronti dell’uomo in ragione del fatto che non era stata trasmessa, nel termine di 60 giorni, la richiesta di estradizione dell’autorità giudiziaria messicana. Il ricorrente era stato arrestato a Roma malgrado pendesse già un mandato di arresto emesso dall’autorità spagnola in esecuzione dell’estradizione richiesta dal Messico. La Corte di appello, nel confermare la misura cautelare, non aveva valutato l’incompletezza della richiesta di estradizione. Questa posizione è stata confermata dalla Cassazione. Per la Suprema Corte, per dare seguito alla consegna, è indispensabile che la richiesta di estradizione contenga i requisiti indicati all’articolo 7 del Trattato, tra i quali l’esposizione dei fatti costitutivi del reato per il quale l’estradizione è richiesta e il testo delle disposizioni applicabili, incluse le norme sulla prescrizione e sulla pena che potrebbe essere inflitta. Inoltre, la richiesta, nel caso di estradizione processuale, deve essere accompagnata dalla copia autentica dell’ordine di arresto emesso dall’autorità competente dello Stato richiedente. Nel caso di arresto provvisorio, l’articolo 12 aggiunge un’ulteriore condizione e precisa che esso diventa inefficace se entro 60 giorni successivi all’arresto della persona richiesta “l’Autorità Centrale dello Stato richiesto non ha ricevuto la formale richiesta di estradizione”. Precisato che la richiesta di arresto provvisorio presuppone requisiti meno stringenti, la Cassazione evidenzia le lacune nelle informazioni fornite dal Messico perché l’Ambasciata si era limitata a indicare solo alcuni dati, ma non tutto quanto richiesto dall’articolo 7 del Trattato. Infatti, non erano state indicate le norme di legge violate, né, in modo preciso, il fatto contestato all’estradando se non per un generico riferimento al reato di abuso sessuale. Né era stata inviata una copia autentica dell’ordine di arresto. Così, la richiesta presentata dal Messico non può essere considerata come “rituale richiesta di estradizione, difettando plurimi elementi tra quelli richiesti dall’art. 7 del Trattato”. Queste lacune, inoltre, non possono essere superate facendo valere la segnalazione al sistema Interpol che non sostituisce il successivo invio della richiesta di estrazione. Pertanto, la Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza della Corte di appello di Roma e ha accolto il ricorso del cittadino messicano. 

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