Obblighi procedurali degli Stati nel contesto dei cambiamenti climatici: interviene la Corte europea dei diritti dell’uomo

La protezione della collettività dalle gravi conseguenze dovute ai cambiamenti climatici passa anche attraverso il rispetto di obblighi procedurali da parte degli Stati, ma è necessario che le associazioni ambientaliste che presentano un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo dimostrino la violazione diretta dei diritti garantiti dall’articolo 8 della Convenzione europea che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Di qui la decisione della Corte di Strasburgo, con la sentenza depositata il 28 ottobre nel caso Greenpeace Nordic e altri contro Norvegia (ricorso n. 34068/21, CASE OF GREENPEACE NORDIC AND OTHERS), di respingere il ricorso presentato da sei cittadini Sami e da due organizzazioni non governative, Greenpeace Nordic e Young Friends of Earth, che contestavano alla Norvegia la violazione di diversi articoli della Convenzione, incluso il diritto al rispetto della vita privata e familiare e il diritto alla vita di cui all’articolo 2. Per le ricorrenti, il Governo aveva concesso licenze per lo sfruttamento del Mare di Barents senza aver prima compiuto un’adeguata valutazione degli effetti climalteranti del progetto, con particolare riguardo alla successiva emissione di gas serra. La Corte, che ha ritenuto di dover valutare unicamente la possibile violazione dell’articolo 8, ha dichiarato inammissibile il ricorso dei sei cittadini Sami e infondato nel merito il ricorso con riguardo alle associazioni ambientaliste perché non hanno fornito la prova della lesione subita. Così la Corte ha ritenuto che la Norvegia non ha violato l’articolo 8 perché il procedimento di valutazione di impatto ambientale era stato avviato nel 2016 e, anche se non era stato svolto in modo del tutto adeguato, non sono stati forniti elementi sufficienti per ritenere che, nel rimandare alcune procedure, vi sia stata una violazione dell’articolo 8 da parte dello Stato in causa. Per la Corte, infatti, la Norvegia ha adottato una legislazione accurata e idonea a garantire la lotta ai cambiamenti climatici, che costituiscono una minaccia reale e immediata per i diritti convenzionali e ha previsto la valutazione d’impatto ambientale. I ritardi in questa procedura sono censurati dalla Corte che, però, ha ritenuto che le associazioni ambientaliste non abbiano dimostrato come detto ritardo abbia causato una violazione dei diritti convenzionali. Respinto così il ricorso.

Nessun commento

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *