Prima applicazione del Protocollo n. 16 – First application of the Protocol no. 16

Per la prima volta un’autorità giurisdizionale nazionale si avvale del Protocollo n. 16 in vigore dal 1° agosto 2018 per 10 Stati membri (l’Italia manca ancora all’appello) e chiede alla Corte europea dei diritti dell’uomo un’interpretazione sull’applicazione della Convenzione europea. E’ la Corte di Cassazione francese, nella sua composizione plenaria, ad aver effettuato il “rinvio pregiudiziale” a Strasburgo (Arrêt n° 638 du 5 octobre 2018 (10-19.053) -Cour de cassation – Assemblée plénière – ECLI:FR:CCASS:2018:AP00638 | Cour de cassation). Con sentenza n. 638 del 5 ottobre (10-19-053), la Cassazione, nella famosa vicenda Mennesson ha sospeso il procedimento nazionale e ha chiesto alla Corte dei diritti dell’uomo di chiarire se rientri nel margine di apprezzamento delle autorità nazionali il rifiuto di trascrivere nei registri dello stato civile di un atto di nascita riguardante un bambino nato all’estero da maternità surrogata che designi come madre quella non biologica e come padre quello biologico. Inoltre, la Cassazione vuole sapere se il ricorso all’adozione piuttosto che alla trascrizione nei registri di stato civile dell’atto di nascita ottenuto negli Stati Uniti consenta di rispettare la Convenzione. E’ la prima volta che viene utilizzato il Protocollo n. 16 che ha introdotto un meccanismo grazie al quale le più alte giurisdizioni nazionali possono rivolgersi alla Grande Camera della Corte europea per un parere su questioni di principio relative all’interpretazione o all’applicazione della Convenzione e dei suoi protocolli.  Il parere fornito dalla Grande Camera, però, non è vincolante.

La vicenda riguarda il caso Mennesson contro Francia deciso dalla Corte europea con sentenza del 26 giugno  2014 che aveva dato ragione a due genitori i quali avevano fatto ricorso alla maternità surrogata in California e che dopo la nascita di due gemelli, registrati negli Stati Uniti, avevano chiesto la trascrizione all’autorità consolare francese. In Francia, tuttavia, la coppia non era riuscita a far trascrivere la sentenza statunitense, che riconosceva il rapporto di filiazione con i genitori legali (il padre lo era anche per via biologica), perché contraria all’ordine pubblico e a valori fondamentali. La Corte dei diritti dell’uomo, riconosciuto il margine di apprezzamento degli Stati nelle scelte sulla  fecondazione in vitro ed escludendo così una violazione del diritto alla vita familiare dei genitori proprio perché gli Stati hanno un ampio margine di  discrezionalità e possono vietare la maternità surrogata, ha però accertato la violazione del diritto alla vita privata dei figli tenendo conto che le autorità nazionali non hanno considerato l’interesse superiore del minore. 

Il Comitato dei Ministri, con risoluzione del 21 settembre 2017 (https://search.coe.int/cm/Pages/result_details.aspx?ObjectID=090000168074c023), aveva chiuso il monitoraggio sull’esecuzione della sentenza ritenendo che l’indennizzo era stato concesso e che era stata introdotta nella legge sulla modernizzazione del sistema giudiziario un sistema di revisione delle decisioni interne a seguito delle sentenze della Corte europea. Ai bambini, inoltre, era stato concesso il certificato di cittadinanza. A seguito del ricorso presentato dai genitori per l’applicazione dell’indicata legge, la Corte di Cassazione ha ritenuto di avvalersi del Protocollo n. 16.

Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/maternita-surrogata-e-trascrizione-necessario-assicurare-i-diritti-del-minore.html

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