Imporre alle vittime di stupri di portare avanti la gravidanza è una violazione del diritto a vivere con dignità e, per certi aspetti, a subire situazioni che si avvicinano a forme di tortura. Lo ha stabilito il Comitato per i diritti umani investito di tre reclami individuali contro Ecuador (17 gennaio 2025, CCPR/C/142/D/3628/2019, CCPR_Ecquador) e Nicaragua. Nel primo caso il reclamo era stato presentato da una bambina dell’Ecuador di appena 13 anni, incinta a seguito di violenze sessuali perpetrate dal padre. La possibilità di abortire era stata preclusa da una pluralità di ostacoli: l’aborto, in quel Paese, è assicurato solo per taluni motivi (per lo più legati ai rischi sulla salute della donna) e, in ogni caso, più in teoria che in pratica, con la conseguenza che la bambina, oltre ad affrontare il trauma dello stupro, aveva dovuto portare avanti la gravidanza conseguenza del brutale atto. Non solo. La ragazza era stata costretta a non dare in adozione il neonato. Scenario simile nei due casi che hanno riguardato il Nicaragua: una minore, abbandonata dalla madre, era stata costretta a vivere con altri familiari e il nonno l’aveva violentata dall’età di sei anni. Malgrado le denunce e i tentativi di aiuto da parte della nonna, la ragazzina non aveva potuto avvalersi dell’aborto totalmente vietato in Nicaragua (17 gennaio 2025, Nicaragua 2). In un altro caso, la vittima tredicenne era stata violentata da un prete (Nicaragua). Nessuna possibilità, malgrado il supporto dei genitori, di ottenere giustizia in quei Paesi tanto più che in nessun caso erano stata adottate misure nei confronti degli autori degli stupri. Le tre vittime hanno presentato un reclamo al Comitato per i diritti civili e politici. Chiare le violazioni degli Stati in causa: non era stata adottata alcuna misura per garantire il rispetto del diritto alla vita garantito dall’articolo 6 del Patto sui diritti civili e politici, anche tenendo conto che la dignità delle minori era stata del tutto calpestata ed erano state anche soggette a forme di vittimizzazione secondaria. Non solo. Per il Comitato è stato violato anche l’articolo 7 che vieta la tortura, i trattamenti crudeli inumani o degradanti sia con riguardo alla sofferenze fisiche sia con riguardo a quelle morali. Il Comitato, accertate le violazioni, ha chiesto agli Stati di assicurare in modo effettivo l’obbligo di adottare misure adeguate per combattere la violenza sessuale, di fornire alle giovani l’educazione alla salute sessuale e riproduttiva necessarie per identificare i casi di violenza sessuale e gravidanze e di garantire alle vittime di violenze sessuali un accesso effettivo ai servizi di aborto. In questi casi, in cui la violazione delle regole ha condotto all’impossibilità di scegliere, gli Stati sono tenuti a rimediare ai danni subiti dalle ragazze a causa della maternità forzata garantendo l’accesso all’istruzione e all’assistenza psicologica per i bambini nati dallo stupro.
Notizie e commenti sul diritto internazionale e dell'Unione Europea
Aggiungi un commento