Nei congedi parentali uomini e donne devono essere trattati nello stesso modo. Se uno Stato prevede nella legislazione interna un diritto al congedo parentale nei primi tre anni di vita del bambino non può limitare il diritto del padre ad accedere al congedo. Questo perché – ha precisato la Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza del 22 marzo 2012 (Markin contro Russia, ricorso n. 30078/06, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=1&portal=hbkm&action=html&highlight=Markin&sessionid=93629802&skin=hudoc-en) – “uomini e donne si trovano nella stessa situazione” anche per gli aspetti legati alla crescita dei figli. Se lo Stato frappone ostacoli al padre, favorendo i congedi solo per la madre, compie una discriminazione sulla base del sesso e viola l’articolo 8 della Convenzione europea limitando il diritto dell’uomo al rispetto della vita privata e familiare e dell’articolo 14 discriminandolo rispetto alla donna. Si tratta di una sentenza che modifica un precedente orientamento proprio alla luce dei cambiamenti nella società dei quali la Corte deve tenere conto per far sì che la Convenzione sia uno strumento vivente. Alla Corte di Strasburgo si era rivolto un militare russo che, dopo il divorzio dalla moglie, aveva chiesto un congedo parentale per essere vicino ai tre figli. Le autorità militari avevano respinto l’istanza perché il congedo, per i militari, è concesso unicamente alle donne. Una violazione della Convenzione – ha osservato la Grande Camera – che ha bocciato la differenza di trattamento tra uomini e donne, respingendo la giustificazione del governo russo che ha invocato il rispetto di tradizioni esistenti nel Paese che conducono a riconoscere il congedo nel settore militare solo alle donne. E’ vero che l’articolo 8 non garantisce in modo espresso il diritto al congedo parentale ma, se previsto come strumento per consentire la realizzazione del diritto alla vita familiare, gli Stati non possono poi fare discriminazioni tra uomini e donne. Anche perché – osserva la Corte – nella società contemporanea gli Stati devono riconoscere una piena eguaglianza tra uomini e donne nella responsabilità della crescita dei figli. Non solo. E’ evidente che imporre limitazioni agli uomini costringe i padri a fare una scelta tra contribuire alla crescita dei propri figli e seguire la propria carriera mentre un’analoga scelta non è imposta alle donne che possono usufruire dei congedi. Di qui la rimozione di ogni differenza di trattamento nel settore dei congedi parentali, anche per i militari.
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