Con la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, recante norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni (LEGGE 11 maggio 2012) l’Italia prova ad avvicinarsi al quadro Ue in materia di golden share. E lo fa seguendo un doppio binario, distinguendo non solo tra settori ma anche in relazione ai soggetti, comunitari o extra Ue che intervengono nelle procedure di acquisizione. C’è da vedere, però, se la legge supererà il vaglio di Bruxelles che ha aperto una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia il 24 novembre 2011 con riguardo alla compatibilità dei poteri speciali dello Stato italiano nelle società privatizzate operanti in settori strategici con le norme del Trattato Ue in materia di libera circolazione dei capitali e il diritto di stabilimento soprattutto per gli statuti dell’ENI, ENEL, Telecom Italia e Finmeccanica. Senza dimenticare che l’Italia ha già subito una condanna, per la precedente normativa, con sentenza del 6 novembre 2008 (causa C-326/07).
Per quanto riguarda il profilo settoriale, in ambiti come difesa e sicurezza nazionale il Governo mantiene un controllo a tutto tondo e si riserva un potere di veto sia per eventuali acquirenti Ue sia extra-europei. Per gli altri settori, invece, l’approccio è più soft con un’attenuazione dei poteri di intervento del Governo se gli acquirenti sono nello spazio Ue e che, invece, diventano più significativi nel caso di acquirenti provenienti dall’esterno rispetto al territorio dell’Unione.
Nel settore della difesa e per le attività legate alla sicurezza nazionale, quindi, il Governo potrà in qualsiasi momento bloccare le acquisizioni e intervenire direttamente sugli assetti societari, utilizzando il veto. Per l’energia, i trasporti e le telecomunicazioni che rivestono, in ogni caso, un rilievo strategico, potranno essere inserite condizioni, in deroga alle regole del libero mercato, funzionali però a tutelare unicamente interessi pubblici come la sicurezza delle reti e la continuità degli approvvigionamenti. Per evitare sotterfugi l’esecutivo ha un potere di intervento nei confronti di acquirenti extra Ue che aggirano le regole stabilendo la propria sede, al solo fine di procedere all’acquisizione, nello spazio comunitario. Per quanto riguarda il funzionamento, tempi brevi e procedure ridotte all’osso. L’azienda dovrà notificare al Governo la volontà di mettere sul mercato quote societarie. Entro 15 giorni, l’esecutivo potrà porre un veto (con una possibilità di proroga di ulteriori 10 giorni). Se non vi sono opposizioni, la vendita è autorizzata. Sono anche previsti obblighi di notificazione degli acquirenti ai mercati regolamentati. Sanzioni per chi non rispetta le regole, con un’ammenda pari al doppio del valore dell’operazione e, in ogni caso, come soglia minima, non inferiore all’1% del fatturato conseguito nell’ultimo esercizio relativo all’anno precedente all’operazione.
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