Ingiunzione di pagamento, pandemia e termini processuali: interviene Lussemburgo

Misure anticovid e termini processuali. Se ne è occupata la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza depositata il 15 settembre 2022 nella causa C-18/21 (Uniqa, C-18:21 ingiunzione) che ha permesso a Lussemburgo di precisare entro quali limiti gli Stati possono intervenire con norme interne volte a interrompere i termini processuali con riguardo al regolamento n. 1896/2006 che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento, modificato dal n. 2015/2421 del 16 dicembre 2015, in vigore dal 14 luglio 2017. E’ stata la Corte di Cassazione austriaca a rivolgersi alla Corte Ue. La controversia nazionale riguardava una società di assicurazioni austriaca che aveva inviato a un cliente tedesco un’ingiunzione di pagamento. Il Tribunale circoscrizionale per le controversie commerciali di Vienna aveva emesso un’ingiunzione di pagamento europea; l’uomo si era opposto ma non aveva rispettato il termine di trenta giorni stabilito dall’articolo 16, par. 2 del regolamento n. 1896/2006. Tuttavia, il Tribunale di appello del commercio aveva annullato l’ordinanza ritenendo che, in base all’articolo 1 della legge austriaca relativa al Covid-19, vi fosse stata una proroga dei termini. La compagnia di assicurazione si è così rivolta alla Corte di Cassazione che, a sua volta, ha chiamato in aiuto Lussemburgo.

Prima di tutto la Corte ha chiarito che il recupero rapido ed efficace dei crediti ha “un’importanza primaria per gli operatori economici dell’Unione europea”, fermo restando il diritto del convenuto di presentare opposizione “all’ingiunzione di pagamento europea dinanzi al giudice d’origine utilizzando il modulo standard F riprodotto nell’Allegato VI, che gli viene consegnato unitamente all’ingiunzione di pagamento europea” secondo i termini comuni a tutti gli Stati membri fissati dall’articolo 16 (entro 30 giorni dal momento in cui l’ingiunzione è notificata). L’Austria aveva stabilito un’interruzione dei termini processuali per la pandemia e, quindi, si è posta la questione se sia possibile avvalersi del riesame in casi eccezionali disciplinato dall’articolo 20 del regolamento il quale dispone che il convenuto che non ha avuto la possibilità “di contestare il credito a causa di situazioni di forza maggiore o di circostanze eccezionali per ragioni a lui non imputabili”, possa chiedere un riesame al di là dei 30 giorni fissati in via generale. Tuttavia, la Corte ha precisato il carattere eccezionale di queste circostanze stabilendo che la norma non contempla circostanze eccezionali che hanno natura sistemica “come quelle connesse all’insorgenza della pandemia da Covid-19, che hanno inciso in modo generalizzato sul funzionamento e sull’amministrazione della giustizia”. Questo vuol dire che se sicuramente una circostanza eccezionale che incida individualmente sul convenuto, come nel caso di una patologia, possa giustificare il riesame oltre il termine di opposizione, non dovrebbe essere così nel caso di una normativa ad effetti generali. Tuttavia, la Corte, basandosi sulla circostanza che il regolamento n. 1896/2006 non prevede un’armonizzazione completa di ogni aspetto del procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento e non si occupa di disciplinare le questioni legate alle cause di interruzione o di sospensione del termine di riesame o di opposizione, ammette un intervento degli Stati membri in situazioni come la pandemia, nel rispetto del principio di equivalenza e di effettività. 

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