La Corte penale internazionale deve indagare sui crimini commessi in Libia

Gheddafi alla sbarra per i crimini commessi contro la popolazione civile in Libia. Lo chiede il Consiglio di sicurezza che, a 15 giorni dall’inizio della rivolta contro il regime dittatoriale di Gheddafi e la strage di civili in Libia, è intervenuto con la risoluzione 1970 adottata all’unanimità il 26 febbraio 2011 (http://daccess-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N11/245/58/PDF/N1124558.pdf?OpenElement), non solo disponendo l’embargo di armi nei confronti della Libia, ma anche con misure ad hoc verso Gheddaffi e alcuni componenti della sua famiglia. Il piatto forte è in ogni caso la richiesta di intervento della Corte penale internazionale, in base all’articolo 16 dello Statuto della Corte: il Consiglio ha deferito la situazione libica all’Aja e ha chiesto all’organo giurisdizionale penale internazionale di avviare indagini sulla situazione libica e di fare luce  e individuare i responsabili dei crimini nei confronti di cittadini libici commessi a partire dal 15 febbraio. E’ la seconda volta, nella sua storia, che il Consiglio decide il deferimento alla Corte penale internazionale: il primo intervento, che non ha incassato molti successi, risale al 2005 con la risoluzione 1593 (http://daccess-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N05/292/73/PDF/N0529273.pdf?OpenElement) allorquando l’Onu aveva chiesto indagini sui crimini contro l’umanità in Darfur. In quell’occasione, la Corte, investita della questione, aveva emesso un mandato di cattura (per la verità caduto nel vuoto) nei confronti del Presidente sudanese al-Bashir che è rimasto al suo posto e non ha rinunciato a numerosi spostamenti, senza alcuna cooperazione delle autorità giudiziarie di altri Stati nell’esecuzione dell’arresto.

Da segnalare la svolta dell’amministrazione Usa che si era astenuta al momento dell’adozione della risoluzione su al-Bashir e che ha invece votato a favore della risoluzione 1970, anche se è certo da ricondurre agli Stati Uniti la specificazione che gli Stati non parti allo Statuto non hanno alcun obbligo in base al Trattato istitutivo della Corte e che i costi della Corte non possono essere addebitati alle Nazioni Unite. Dopo la risoluzione del Consiglio, il Procuratore della Corte penale ha avviato un’indagine preliminare sulle vicende libiche (http://www.icc-cpi.int/NR/exeres/C8477489-2441-473F-87AC-B7DBACF31C5C.htm). Prima del Consiglio di sicurezza, anche il Consiglio per i diritti umani era intervenuto con l’adozione di una risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Libia, approvata il 25 febbraio 2011 (A/HRC/S-15/2,  http://www2.ohchr.org/english/bodies/hrcouncil/specialsession/15/index.htm).

Il Consiglio di sicurezza ha anche deciso, con la risoluzione 1970, il congelamento dei beni di Gheddafi e dei suoi 5 figli, mentre non è stato raggiunto un accordo sull’istituzione di una no-fly zone. Per monitorare l’attuazione effettiva delle misure, il Consiglio ha predisposto l’istituzione di un Comitato che potrà designare altri destinatari di misure come il congelamento dei beni, da aggiungere a quelle incluse nell’elenco dell’allegato II.

A rimorchio del Consiglio di sicurezza, in grave ritardo, anche l’Unione europea si è decisa a intervenire, dopo giorni di paralisi, di frasi di circostanza e di mancati interventi con misure effettive che mostrano, ancora una volta, l’incapacità dell’Unione europea nell’affrontare crisi internazionali anche quando gli scenari di guerra sono a due passi dai confini degli Stati membri. Nel corso del Consiglio Ue su trasporti, telecomunicazioni ed energia (sic!) del 28 febbraio sono state predisposte sanzioni come il congelamento di beni nei confronti del leader libico, dei suoi familiari e di altri ufficiali (http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/trans/119531.pdf, p. 12).

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