L’estradizione in Ruanda di un indagato per genocidio non è contraria alla Convenzione europea

L’estradizione decisa dalla Svezia di un cittadino ruandese che ha ottenuto lo status di rifugiato, ma che è sospettato di genocidio in Ruanda non è in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E’ la conclusione raggiunta dalla Corte di Strasburgo nella sentenza depositata oggi (Ahorugeze contro Svezia, ricorso n. 37075/09, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=3&portal=hbkm&action=html&highlight=&sessionid=80905810&skin=hudoc-en) che ha escluso la violazione dell’articolo 3 della Convenzione, che vieta trattamenti disumani e degradanti e tortura, da parte della Svezia. Centrale, nella conclusione della Corte, le modifiche introdotte nel sistema giudiziario ruandese e, soprattutto, la decisione dello stesso Tribunale internazionale per i crimini commessi in Ruanda che, per la prima volta, con decisione del 28 giugno 2011, nel caso Uwinkindi, ha deciso il trasferimento del processo al Ruanda, dopo aver verificato i cambiamenti nel Paese africano e il rispetto degli standard internazionali nel settore della giustizia. Anche il Tribunale speciale per la Sierra Leone, d’altra parte, ha disposto il trasferimento di alcuni detenuti in Ruanda per scontare la pena in questo Paese. Chiari indizi per dichiarare l’insussistenza di motivi sostanziali che potevano condurre la Svezia a ritenere che l’individuo da estradare corresse il rischio di trattamenti disumani e degradanti o tortura.

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