Libertà di espressione ad ampio raggio per gli accademici

Ampio spazio alla libertà di espressione dei professori. Soprattutto quando esprimono le proprie idee in riviste di carattere scientifico. E’ quanto affermato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza del 27 maggio 2014 che ha portato alla condanna della Turchia (ricorso n. 346/04, AFFAIRE ASLAN ET SEZEN c. TURQUIE). Nel caso in esame, un professore di diritto costituzionale, condannato per diffamazione a causa di alcune opinioni critiche espresse verso alcuni giudici della Corte costituzionale che avevano disposto la chiusura di un partito, pubblicate su una rivista quadrimestrale di carattere scientifico,aveva deciso di rivolgersi a Strasburgo. Che gli ha dato ragione. Per la Corte europea, infatti, l’ingerenza nel diritto alla libertà di espressione non era una misura necessaria in una società democratica. I giudici nazionali, inoltre, non avevano tenuto conto del contesto nel quale l’articolo era stato pubblicato e non avevano valutato la circostanza che si trattasse di una rivista scientifica e non di un quotidiano, situazione che comporta un minore impatto delle opinioni anche aspre espresse nell’articolo. Inoltre, osserva la Corte, non si può trascurare l’importanza delle ricerche accademiche e il rilievo di esprimere opinioni critiche e giudizi di valore con una base fattuale sufficiente. A ciò si aggiunga che i giudici nazionali non hanno differenziato tra critiche e insulto equiparando le prime a quest’ultimo. Di qui l’evidente violazione del diritto alla libertà di espressione del professore e la consequenziale condanna della Turchia.

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