Parità di genere: il Parlamento UE chiede un cambio di rotta. Gli Stati devono tener conto del cambiamento della famiglia

Con 341 sì, 281 no e 81 astensioni, il Parlamento europeo ha approvato, il 9 giugno, la risoluzione sulla nuova strategia dell’Unione europea per la parità di genere tra donne e uomini dopo il 2015 (parità). Molto è stato fatto, ma molto ancora c’è da fare per raggiungere un’effettiva parità di genere garantita dall’articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali Ue e sconfiggere la discriminazione nel mercato di lavoro, nell’istruzione e nei processi decisionali. Nella risoluzione, il Parlamento raccomanda agli Stati, tra l’altro, “dal momento che la composizione e la definizione delle famiglie si evolve nel tempo, che le normative in ambito familiare e lavorativo siano rese più complete per quanto concerne le famiglie monoparentali e genitorialità LGBT”.

Sul fronte della lotta alla violenza contro le donne, gli eurodeputati chiedono alla Commissione europea di formulare nuove proposte per raggiungere risultati migliori e sradicare la violenza. Una piaga da sconfiggere tenendo conto che i dati parlano chiaro. Nonostante le misure messe in campo per fronteggiarla, da un’indagine dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali condotta nel marzo 2014, risulta che il 55% delle donne “ha subito nel corso della sua vita una o più forme di molestie sessuali, mentre il 33% delle donne subisce violenze fisiche e/o sessuali fin dai 15 anni di età”.

Nella risoluzione si chiede agli Stati di rafforzare la presenza delle donne nei consigli di amministrazione, pur riconoscendo che sono stati raggiunti risultati importanti grazie alla previsione delle quote obbligatorie. Tuttavia, è ancora presente uno squilibrio nella partecipazione delle donne ai processi decisionali nella politica, nell’amministrazione e in economia. Per il Parlamento Ue “gli ostacoli alla partecipazione femminile possono essere imputati a una combinazione di discriminazione in base al sesso e comportamenti stereotipati che tendono a persistere in seno alle imprese, alla politica e alla società”. Basti pensare, scrive Strasburgo, che, pur rappresentando il 60 % dei nuovi laureati, le donne sono sottorappresentate in settori come la scienza e la ricerca”.

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