Reato di favoreggiamento di ingresso illegale e adesione Ue: chiarimenti da Lussemburgo

Il reato di favoreggiamento dell’ingresso e di soggiorno illegali di cittadini di un Paese, prima extra Ue, non viene cancellato per il solo fatto che lo Stato diventa membro dell’Unione. E questo anche se l’indagato non è stato ancora sottoposto a giudizio. Lo ha chiarito l’Avvocato generale Bot nelle conclusioni depositate il 26 maggio (C-218/15, C-218:15) su rinvio pregiudiziale del Tribunale di Campobasso precisando che non si verifica, in una simile situazione, un problema dell’applicazione di una legge penale più favorevole perché si tratta solo di un mutamento delle condizioni che nulla a che vedere con il principio di retroattività. L’azione penale interna riguardava un procedimento nei confronti di un italiano che aveva fatto entrare illegalmente in Italia 30 cittadini rumeni prima dell’adesione della Romania all’Ue, violando il Dlgs n. 286/1998 (testo unico dell’immigrazione). L’Avvocato generale ha condiviso i dubbi del giudice del rinvio e, di fatto, ha bocciato un orientamento della Cassazione secondo la quale l’ingresso della Romania nell’Unione avrebbe fatto venir meno il reato. In primo piano, l’obiettivo della normativa Ue che punta a punire coloro che ledono l’ordine pubblico europeo. E questo sia attraverso la direttiva 2002/90 sul favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali, che impone sanzioni appropriate per chiunque intenzionalmente aiuti una persona a entrare in modo illegale in uno Stato membro, sia con la decisione quadro 2002/496/GAI relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento, dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali, che prevede la consegna degli autori del reato accompagnata da misure di espulsione. Proprio la protezione dell’ordine pubblico europeo porta l’Avvocato generale a escludere un’interpretazione abrogatrice della fattispecie penale. La sola adesione e, quindi, il cambiamento di un mero presupposto di attuazione di una norma penale, infatti, non blocca l’applicazione di una sanzione. In caso contrario, sarebbe incoraggiato il traffico di esseri umani “poiché i trafficanti avrebbero la garanzia di beneficiare, successivamente, dell’immunità”. Tra l’altro, la sanzione riguarda soltanto i trafficanti e non le persone che hanno fatto ingresso in modo illegale in Italia. Questo vuol dire che è irrilevante che tali persone abbiano poi acquisito lo status di cittadini dell’Unione. Bocciata anche la possibilità di ricorrere al principio della retroattività in mitius perchè non si è verificata una successione di leggi relative allo stesso reato. Tanto più che il favoreggiamento dell’ingresso rientra nella categoria dei reati istantanei, che si realizza nel momento in cui la persona che ha fatto ricorso ai trafficanti attraversa la frontiera esterna dell’Unione. Diverso, invece, il caso dei cittadini rumeni entrati illegalmente che commettono un reato continuato. Solo per loro, l’acquisizione della cittadinanza comporta il venir meno di uno degli elementi costitutivi del reato ossia non essere cittadino Ue.

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