Recupero crediti alimentari: no a misure che limitano la libertà di lasciare il paese.

La Corte europea dei diritti dell’uomo, nella prima sentenza con la quale ha dovuto occuparsi dei limiti alla libera circolazione di un individuo nel caso in cui sia debitore di assegni alimentari, boccia i provvedimenti italiani, come il ritiro del passaporto e la cancellazione della clausola di validità per l’espatrio dal documento d’identità, decisi nei confronti di un padre che non versa gli assegni alimentari. Tanto è più che oggi – osserva la Corte nella sentenza di condanna all’Italia depositata il 2 dicembre (ricorso n. 43978/09, AFFAIRE BATTISTA c. ITALIE) – gli Stati possono avvalersi di altri strumenti, come il regolamento Ue n. 4/2009 sulle obbligazioni alimentari,  per procedere al recupero dei crediti anche se un individuo lascia il proprio territorio. La vicenda che ha portato a Strasburgo ha preso il via dal ricorso di un  padre che, dopo la separazione, aveva chiesto al giudice tutelare l’inserimento in un nuovo passaporto dei nominativi dei figli. Tuttavia, il questore aveva ordinato la consegna del passaporto e aveva invalidato la clausola per l’espatrio dalla carta d’identità. Questo perché il padre non pagava gli assegni familiari per il mantenimento dei figli. Il ricorrente aveva impugnato il provvedimento, ma i giudici nazionali gli avevano dato torto. Di diverso avviso la Corte europea. L’articolo 2 del Protocollo n. 4, che assicura il diritto alla libera circolazione e la libertà di lasciare il proprio Paese, ammette alcune restrizioni ma solo se perseguono un obiettivo legittimo e se proporzionali. Nel caso all’attenzione della Corte, la misura che di fatto limitava la libertà di circolazione era stata prolungata, dal 2008, senza un continuo controllo giurisdizionale e, per di più, in assenza di una costante verifica della situazione personale del padre, tenendo conto solo degli interessi patrimoniali del creditore. Proprio l’automaticità nell’applicazione della misura spinge la Corte a rilevarne l’incompatibilità con la Convenzione. Senza dimenticare – scrivono i giudici – che la misura non ha portato al pagamento dell’obbligazione alimentare. Tra l’altro, fa capire la Corte, rispetto al debitore di alimenti che si allontana dal territorio le autorità nazionali hanno un arsenale di strumenti come il regolamento Ue n. 4/2009 relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, la Convenzione dell’Aja sul recupero internazionale di alimenti nei confronti dei figli minori e di altri membri della famiglia del 2007 e quella di New York New York del 20 giugno 1956 sul recupero all’estero degli alimentari. Accertata la violazione della Convenzione i giudici hanno condannato l’Italia a versare al padre 5mila euro per i danni non patrimoniali.

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