Responsabilità assoluta per difetti nei dispositivi medici

I dispositivi medici come pacemaker e defibrillatori automatici impiantabili, che sono compresi in uno stesso gruppo o in una serie di produzione nella quale sono stati riscontrati alcuni dispositivi difettosi, devono essere qualificati come dannosi senza che occorra provare il difetto di ogni singolo prodotto. Questo vuol dire che chi li utilizza non ha nessun onere della prova relativamente all’esistenza specifica del difetto per ogni prodotto e ha diritto alla sostituzione anche prima che il danno si manifesti, nonché al risarcimento del danno, nel quale sono inclusi i costi relativi alle operazioni chirurgiche necessarie a rimuovere il prodotto difettoso e a impiantare quello nuovo. E’ stata la Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 5 marzo (cause riunite C-503/13 e C-504/13, pacemaker) a fissare questi principi interpretando la direttiva 85/374 (modificata dalla 1999/34) sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, recepita in Italia con Dlgs n. 25/2001. Per la Corte, nonostante l’interpretazione letterale di alcune disposizioni della direttiva poteva condurre a una diversa e più restrittiva conclusione, tenendo conto degli obiettivi dell’atto Ue ossia la protezione dei consumatori, in questo caso pazienti, si deve considerare responsabile il produttore per ogni prodotto appartenente a una serie, che si presume così avere le stesse caratteristiche negative di quelle già individuate, contribuendo, in tal modo, non solo ad accertare la responsabilità del produttore in modo assoluto ma anche a prevenire un danno, con una tutela massima per il consumatore/paziente. Inoltre, la Corte nell’interpretare la nozione di danno che, in base al dato letterale è quello che si configura in caso di morte o di lesioni personali, arriva alla conclusione che la rimozione e, quindi, l’intervento chirurgico necessario, rientra nella nozione di lesione personale. A rivolgersi alla Corte Ue è stata la Cassazione tedesca investita di un ricorso di una società con sede negli Stati Uniti che produce e commercializza pacemaker e defibrillatori automatici impiantabili. Una ditta tedesca aveva acquistato e utilizzato i prodotti che, però, erano risultati difettosi, con pericoli per i pazienti. La ditta aveva raccomandato ai medici la rimozione dei pacemaker e si era impegnataa a sostituirli. Due pazienti avevano chiesto un risarcimento danni. La richiesta era stata accolta dal Tribunale di Stendal (Germania), ma la società produttrice ha impugnato il provvedimento in Cassazione che ha sottoposto alcuni quesiti pregiudiziali a Lussemburgo.

Primo nodo da sciogliere è se sia possibile qualificare come difettoso un prodotto solo perché appartenente a una stessa serie di produzione. Per gli eurogiudici, tenendo conto della particolare vulnerabilità dei pazienti che utilizzano pacemaker e dispositivi analoghi, i requisiti di sicurezza devono essere particolarmente elevati. Di conseguenza – osserva la Corte – la potenziale mancanza di sicurezza fa scattare la responsabilità del produttore a causa delle “anomale potenzialità di danno che detti prodotti possono causare alla persona”. Questo vuol dire che basta individuare l’appartenenza di un prodotto alla stessa serie per presumere l’esistenza del potenziale difetto, con la conseguente sostituzione. Così, prosegue la Corte, si raggiunge l’obiettivo della direttiva che è quello di garantire una giusta ripartizione “dei rischi inerenti alla produzione tecnica moderna tra il danneggiato e il produttore”.

La Corte è poi passata ad analizzare la questione legata al risarcimento. E’ vero che la direttiva fa riferimento al risarcimento del danno causato da morte o da lesioni personali ma, tenendo conto degli obiettivi di protezione della sicurezza e della salute dei consumatori, è necessario accogliere un’interpretazione estensiva e, quindi, ritenere che la rimozione del pacemaker sia qualificabile come danno. Pertanto, il risarcimento del danno comprende tutto ciò che è necessario per ripristinare il livello di sicurezza e eliminare le conseguenze nocive. Di qui l’obbligo per il produttore dei pacemaker di coprire i costi, inclusi quelli chirurgici, connessi alla sostituzione del prodotto.

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