Sentenze CEDU: il punto sull’esecuzione nel rapporto annuale del Comitato dei Ministri

Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha pubblicato il rapporto annuale sullo stato dell’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo da parte degli Stati (relazione annuale), che costituisce una fase essenziale per garantire l’effettiva attuazione dei diritti convenzionali. Molti i risultati positivi conseguiti, ma ancora troppi gli ostacoli frapposti dagli Stati all’esecuzione effettiva delle sentenze con la conseguenza che risultano pendenti ancora 5.533 casi tra i quali ben 1.300 leading cases relativi a problemi strutturali negli Stati destinatari delle pronunce.

Nel 2021, il Comitato ha chiuso 1.122 casi a fronte dei 983 del 2020, ma aumenta lo stesso il carico di lavoro del Comitato che segna un +40% di nuove sentenze da supervisionare, anche se il numero di sentenze pendenti dinanzi al Comitato ha raggiunto il livello più basso dal 2007 (5.533).

Nel 2021 il Comitato, per la seconda volta, ha fatto ricorso al meccanismo previsto dall’art. 46, par. 4 della Convenzione a causa del mancato rispetto della sentenza Kavala contro Turchia, poiché tale Stato non ha disposto la scarcerazione del ricorrente come richiesto dalla Corte. Così, il 22 febbraio 2022, il Comitato ha deferito il caso alla Corte europea dei diritti dell’uomo che dovrà pronunciarsi sul rispetto da parte della Turchia dell’obbligo di conformarsi alle sentenze di Strasburgo.

Tra i casi più importanti chiusi dal Comitato, anche alcune sentenze italiane come quella Khlaifia e altri contro Italia relativa alle condizioni in cui versano i migranti sottoposti alla detenzione amministrativa nei centri di accoglienza. Chiusa nel 2021 anche la vicenda relativa alla sentenza M.C. e altri sugli indennizzi dovute a malattie causate da trasfusioni di sangue contaminato.

Per quanto riguarda i dati complessivi, nel 2021 sono arrivati sul tavolo del Comitato 1.379 sentenze a fronte delle 983 del 2020; risultano pendenti 5.533 casi (5.233 nel 2020); 1.122 i casi chiusi (983 nel 2020). L’Italia è stata al centro di 59 casi (superando addirittura la Moldova a quota 52), preceduta dalla Russia (267), dall’Ucraina (196), dalla Turchia (106), dalla Romania (104) e dalla Serbia (69). Nei confronti dell’Italia sono stati chiusi 73 casi (42 nel 2020).

Per quanto riguarda l’incidenza delle condanne inflitte all’Italia, sul piano degli indennizzi da versare, nel 2021, l’ammontare dovuto dall’Italia è stato pari a 3.190.110 euro (in diminuzione rispetto ai 5 milioni del 2020). Per il rispetto dei termini nella corresponsione degli indennizzi in 30 casi l’Italia ha rispetto i termini (erano 14 nel 2020), mentre in 24 casi (16 nel 2020) l’Italia ha superato la deadline.

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