Uno studio della Carta Ue sui diritti fondamentali: indispensabile una maggiore integrazione nelle scelte economiche

Quale ruolo svolge la Carta Ue dei diritti fondamentali nell’attività delle istituzioni dell’Unione europea e nel sistema predisposto con il meccanismo di stabilità e con il fiscal compact? In che modo la Carta influenza l’attività legislativa delle istituzioni  e come viene applicata sul piano interno? Alcune risposte arrivano dallo studio commissionato dal Parlamento europeo – Dipartimento dei diritti dei cittadini e degli affari costituzionali dedicato all’attuazione della Carta dei diritti fondamentali nel quadro istituzionale dell’Unione (PE 571.39 (ipol_stu2016571397_en). Autore del volume, il professore De Schutter, dell’Università cattolica di Lovanio. Dallo studio risulta che se la Carta trova sempre più spazio anche nelle valutazioni di impatto preliminari all’adozione di atti legislativi dell’Unione, una grave lacuna emerge nell’ambito della governance economica. Sul punto l’autore ritiene indispensabile che si vada oltre la stessa Carta, peraltro non del tutto applicata, integrando nel sistema macroeconomico i diritti del Patto sui diritti economici, sociali e culturali e della Carta sociale europea. Per migliorare il quadro attuale, altamente insoddisfacente, sarebbe utile l’adozione di un Memorandum per indirizzare le riforme macroeconomiche verso un’incisiva valutazione d’impatto delle scelte economiche sui diritti fondamentali. Dopo un’analisi dell’attuazione della Carta da parte delle Agenzie Ue (tra le quali Frontex) e nell’ambito delle relazioni esterne, lo studio si concentra sul ruolo della Corte di giustizia nell’attuazione della Carta, sull’azione dei privati nei procedimenti di annullamento e sull’applicazione da parte dei giudici nazionali. Emerge, tra l’altro, la necessità di una funzione circolare e integrata dei diritti fondamentali con un ruolo centrale della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nell’attuazione del diritto Ue. A tal proposito, si ricorda la recente sentenza Tadducci e McCall (ricorso n. 51362/09) del 30 giugno 2016, con la quale l’Italia è stata condannata per violazione dell’articolo 8 che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare perché ha negato il permesso di soggiorno per motivi familiari al partner di una coppia dello stesso sesso che, certo, scrive l’autore, inciderà sull’applicazione della direttiva 2004/38 sul diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

Nessun commento

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *