Troppi Stati parti alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo abusano della custodia cautelare, con effetti negativi sul detenuto, sulla sua famiglia e sulla società nel suo insieme, tanto più che i detenuti in detenzione preventiva, in via generale, si trovano in condizioni peggiori rispetto a coloro che sono in carcere per scontare una condanna. Lo scrive il Relatore del Comitato sugli affari giuridici e i diritti umani del Consiglio d’Europa, Pedro Agramunt, nel rapporto del 7 settembre 2015 n. 13863 (custodia cautelare). Ad avviso del Relatore, troppo spesso le autorità nazionali procedono a un’interpretazione eccessivamente ampia delle condizioni che consentono l’applicazione della detenzione preventiva, violando così il principio fondamentale della presunzione d’innocenza e i limiti stabiliti dall’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Parlano, d’altra parte, i numeri perché il 25% dei detenuti in Europa è composto da persone in custodia cautelare (dati 2013). Allarme per la Russia dove la custodia cautelare è utilizzata troppo spesso per far confessare o per neutralizzare i concorrenti politici, così come in Ucraina. Ampia applicazione anche in Turchia per spegnere le voci critiche. Tra le luci, la Polonia che ha fatto molti passi avanti per adeguarsi agli standard internazionali. Dai dati risulta che il numero di detenuti senza sentenza di condanna definitiva per 100mila abitanti è molto alto in Turchia (89,2), in Albania (68,1), in Russia (65,6), nel Principato di Monaco (63,4). Il numero più basso in Islanda (4,0) e, tra i Paesi più grandi, in Germania (13,8) e Bulgaria (10,6).
Il rapporto ricostruisce in dettaglio la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
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