Apologia in rete: il “like” su Facebook deve essere considerato

Inneggiare apertamente allo Stato islamico e inserire video che incitano alla jihad, condividendoli su Facebook anche con la sola opzione “mi piace”, giustificano la previsione di una misura cautelare per associazione con finalità di terrorismo internazionale. E’ la Corte di cassazione a dirlo con la sentenza della quinta sezione penale depositata il 12 dicembre (n. 55418-17, 55418) che ha disposto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza con la quale il Tribunale della libertà di Brescia aveva annullato l’ordinanza del Gip che aveva disposto la misura cautelare in carcere di un indagato per terrorismo internazionale, il quale aveva pubblicamente fatto apologia dello Stato islamico. Per la Suprema Corte, in due video l’uomo aveva inneggiato apertamente allo Stato islamico, mentre il Tribunale del riesame non aveva valutato il comportamento dell’agente nonché le circostanze di fatto, inclusi i contatti con altri soggetti già indagati per terrorismo islamico. Non solo. Il Tribunale aveva ridimensionato la portata offensiva della condotta e la portata apologetica dei due video solo perché la diffusione era avvenuta con l’opzione “mi piace”. Una circostanza che, invece, per la Suprema Corte non riduce affatto la portata offensiva della condotta anche tenendo conto della “funzione propalatrice svolta in tale contesto dal social network Facebook”.

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