Arrestato Mladic, il boia di Srebrenica

Sembrava ormai inghiottito in un buco nero. I parenti delle vittime avevano perso la speranza di vedere anche Ratko Mladic, l’ideatore con Radvan Karadzic della strage di Srebrenica, il più atroce massacro commesso dopo la Seconda guerra mondiale nel cuore dell’Europa, alla sbarra. L’arresto dell’ex generale serbo bosniaco avvenuto oggi a due passi da Belgrado e arrivato dopo 15 anni dall’emissione del primo atto di accusa da parte del Tribunale penale internazionale per i crimini commessi nell’ex Iugoslavia(http://www.icty.org/case/mladic/4), ha riacceso anche le aspettative delle madri di Srebrenica che da anni lottano per ottenere giustizia. E anche di chi crede che crimini come quelli commessi da Mladic non debbano mai essere prescritti o dimenticati. Ormai nell’elenco dei latitanti del Tribunale è rimasto solo Goran Hadzic.

E’ certo un successo della giustizia penale internazionale e anche dell’Unione europea che spinta da Belgio e Paesi Bassi in testa, aveva posto un veto all’ingresso della Serbia nell’Unione europea fino all’arresto del latitante Mladic (si veda la dichiarazione del Presidente della Commissione Ue Barroso( barroso), spingendo le autorità di Belgrado e, in particolare, il Presidente Boris Tadic a rafforzare le indagini per individuare Mladic che, nelle prossime ore, sarà consegnato al Tribunale per l’ex Iugoslavia.

L’arresto di Mladic, poi, che, in ogni caso, dall’emissione del mandato di cattura è stato costretto a vivere in clandestinità, mostra il differente livello di effettività tra i Tribunali istituiti dal Consiglio di sicurezza e la Corte penale internazionale. Proprio in questi giorni, il Presidente sudanese al-Bashir, sul quale pende un mandato di cattura dal 2009 per i crimini commessi in Darfur, ha partecipato alle cerimonie per l’insediamento del nuovo Presidente a Djubouti, senza che le autorità di questo Stato facessero nulla per eseguire il mandato di arresto. E questo malgrado si tratti di un Paese che ha ratificato lo Statuto ed è quindi obbligato a cooperare con la Corte. Senza dimenticare, poi, che a otto anni dall’avvio dell’attività della Corte penale internazionale non è stata ancora pronunciata una sentenza sull’accertamento della colpevolezza di qualche imputato. La prima sentenza nei confronti di Lubanga è prevista entro la fine del 2011.

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