Caso Arafat: Strasburgo respinge il ricorso

Il procedimento dinanzi ai giudici francesi per accertare le cause della morte di Yasser Arafat è stato conforme all’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E’ quanto stabilito dalla Corte di Strasburgo con la decisione del 10 giugno (ricorso n. 82189/17, EL KODWA ARAFAT c. FRANCE). A rivolgersi ai giudici internazionali sono state la vedova e la figlia del leader palestinese morto nell’ospedale militare di Percy nel 2004, dopo il peggioramento del suo stato di salute. Su richiesta della vedova non era stata eseguita l’autopsia, ma la donna, dopo qualche anno, aveva consegnato alcuni effetti personali di Arafat a un giornalista di Al Jazeera. Un istituto nucleare di Losanna aveva trovato tracce di polonio. Le due ricorrenti avevano fatto una denuncia contro ignoti per omicidio. Il Procuratore di Naterre aveva aperto un’inchiesta, disposto la riesumazione del cadavere e sentito diversi testimoni. Nella perizia giudiziaria si concludeva che le analisi radiologiche non provavano l’esposizione al polonio. Di diverso avviso i periti di parte. Le richieste delle ricorrenti erano state respinte e il caso era stato archiviato nel 2015, malgrado l’opposizione delle donne all’archiviazione. Di qui il ricorso alla Corte europea che ha valutato la procedura nel suo complesso: il procuratore aveva aperto subito l’indagine sull’accusa di omicidio, aveva disposto l’esumazione del corpo, svolto perizie, sentito testimoni anche direttamente a Ramallah (Palestina). E’ vero – osserva Strasburgo – che alcune istanze delle ricorrenti erano state respinte, ma il procedimento è stato equo, non vi sono state conclusioni arbitrarie sui fatti e l’interpretazione è stata ragionevole. Di conseguenza, in base a una valutazione complessiva della vicenda, la Corte europea ha respinto il ricorso contro la Francia considerando il procedimento conforme all’articolo 6 della Convenzione europea.

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