Condanna all’Italia per trattamenti disumani e degradanti

Nuova condanna all’Italia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che stabilisce il divieto di trattamenti disumani e degradanti. Con sentenza del 21 gennaio (ricorso n. 48754/11, CASE OF PLACI v. ITALY) Strasburgo ha ritenuto che il fatto che non fossero state considerate le condizioni psicologiche di un giovane obbligato, secondo la vecchia legge, a svolgere il servizio militare (normativa ormai abrogata), proprio durante lo svolgimento della sua attività ha costituito una violazione dell’articolo 3. Il ricorso alla Corte è stato presentato da un cittadino italiano che all’età di 18 anni era stato tenuto a prestare il servizio militare. Durante un periodo di prestazione del servizio aveva subito numerose punizioni e avuto conseguenze sul suo stato psichico. Il suo stato era stato valutato solo dopo il suo trasferimento in altra sede. Il Tar prima e il Consiglio di Stato dopo gli avevano dato torto nell’azione avviata contro il Ministero della difesa, basandosi anche sul rapporto emesso da un Comitato medico. Strasburgo ha dato invece ragione al ricorrente ricordando che gli Stati parti alla Convenzione sono tenuti a garantire un’adeguata protezione delle persone vulnerabili. Invece, le condizioni di salute del ricorrente erano state valutate dopo sei mesi, grazie al suo trasferimento dall’Aquila a Lecce. Di qui la violazione dell’articolo 3. Ma c’è di più perché per la Corte l’Italia ha anche violato il diritto all’equo processo laddove i giudici interni si sono basati su un rapporto di una commissione medica di cui facevano parte anche medici dipendenti dal ministero della difesa, con ciò compromettendo il requisito dell’indipendenza richiesto per assicurare un processo equo. Alla vittima è stato concesso un indennizzo di 40mila euro, oltre a 17mila euro per le spese processuali sostenute, mentre è stata respinta la richiesta di un risarcimento per il danno patrimoniale.

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