Conforme al diritto Ue la decisione di uno Stato membro di vietare l’ingresso del Presidente di un altro Paese dell’Unione sul proprio territorio

Non è contraria al diritto Ue la scelta di un Paese membro di vietare l’ingresso di un capo di Stato di un altro Paese dell’Unione. Così la pensa l’Avvocato generale Bot che il 6 marzo ha depositato le sue conclusioni relative alla causa C-364/10 (Ungheria contro Slovacchia, http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=120050&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=203075). Il ricorso alla Corte di giustizia è stato presentato dall’Ungheria perché le autorità slovacche avevano vietato l’ingresso, nel 2009, al Presidente ungherese per ragioni di sicurezza. L’Ungheria aveva chiesto alla Commissione europea di avviare una procedura d’infrazione, ma Bruxelles riteneva che il diritto Ue non dovesse applicarsi alle visite dei capi di Stato. Di qui la scelta dell’Ungheria di andare avanti da sola in base all’articolo 259 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. L’Avvocato generale, però, non ha aderito alla prospettazione ungherese. Se è vero, infatti, che la circolazione dei cittadini Ue è regolata dal diritto comunitario con la direttiva 2004/38 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, questo non si applica alle visite dei capi di Stato che rientrano nella sfera delle relazioni diplomatiche e che rimangono, quindi, nella competenza degli Stati membri in base al diritto internazionale. Essenziale, pertanto, il consenso dello Stato ospitante. Tuttavia, precisa l’Avvocato generale, gli Stati devono agire con modalità che non siano incompatibili con il processo di integrazione e non paralizzino le relazioni diplomatiche tra Stati. Non è stato questo il caso in discussione tant’è che i Governi dei due Stati si sono già incontrati. Esclusa, quindi, almeno per l’Avvocato generale, una violazione del diritto Ue.

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