Contraria alla Costituzione una norma interna che non rispetta il diritto Ue

La Corte costituzionale interviene a chiarire il rapporto tra legge delega nella quale è previsto il recepimento di una direttiva comunitaria e legge di attuazione. E lo fa con la sentenza depositata il 30 marzo (n. 75, home ) con la quale la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 15 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111 che ha attuato la direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso». Questo perché l’articolo in discussione limita la responsabilità per danni alla persona rinviando all’obbligo di ristoro dei danni indicato dalla Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio, firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970, ratificata con la legge 27 dicembre 1977, n. 1084.

Per la Corte costituzionale, che ha ribadito il diritto del giudice nazionale di interpretare il diritto Ue senza obbligatoriamente rinviare alla Corte di giustizia salvo nei casi in cui si tratti di giudici di ultima istanza, è necessario interpretare il diritto interno alla luce dell’obiettivo della direttiva che è quello di tutelare il consumatore. Ora, è vero che la direttiva ammette limitazioni al risarcimento del danno se ciò è previsto da alcune convenzioni ma queste sono espressamente richiamate dalla direttiva senza che in tale elenco sia compresa la Convenzione di Bruxelles. Appare evidente, quindi, la contrarietà alla direttiva di una legislazione nazionale di attuazione che rinvia alla Convenzione di Bruxelles per limitare il risarcimento dei danni alla persona derivanti da incidenti stradali all’estero. D’altra parte, precisa la Consulta, lo stesso legislatore nazionale, con il codice del consumo (decreto legislativo n. 206 del 6 settembre 2005) ha eliminato i limiti al risarcimento e il richiamo alla Convenzione in discussione.

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