Doppia incriminazione e riconoscimento di una sentenza di condanna: precisazioni da Lussemburgo

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza dell’11 gennaio, nella causa C-289/15, interviene a chiarire le modalità per una corretta interpretazione del principio della doppia incriminazione nei casi di esecuzione di sentenze di condanna nello spazio Ue (C-289:15). E lo fa precisando che, per garantire la corretta applicazione del mutuo riconoscimento e della fiducia reciproca, le autorità nazionali devono seguire un approccio flessibile, evitando formalismi, anche per assicurare il reinserimento sociale della persona condannata. E’ stato il Tribunale regionale di Presov (Slovacchia) a chiedere alla Corte Ue un chiarimento sull’articolo 7 della decisione quadro 2008/909 sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, modificata dalla 2009/299, in base alla quale lo Stato di esecuzione può subordinare l’attuazione della pronuncia di condanna alla verifica della doppia incriminazione. Nodo della questione il riconoscimento di una sentenza di un tribunale circoscrizionale della Repubblica ceca con la quale un cittadino slovacco era stato condannato a 15 mesi anche per inosservanza di una decisione dell’autorità pubblica. Secondo il giudice slovacco poiché il fatto per il quale il destinatario della decisione era stato condannato non era reato secondo il codice penale slovacco, la sentenza non poteva essere eseguita per il mancato rispetto della condizione della doppia incriminazione. La Corte di giustizia, invece, chiarendo che è necessario un approccio flessibile nell’applicazione della condizione della doppia incriminazione, afferma che il principio è rispettato anche se non c’è corrispondenza esatta tra le componenti del reato o identità di denominazione, proprio perché la condizione della doppia incriminabilità va interpretata in modo restrittivo “per limitare i casi di non riconoscimento e di non esecuzione”.  E’ vero – osserva Lussemburgo – che il reato oggetto del procedimento principale è strettamente legato a una lesione di un interesse dello Stato di emissione, ma se si accerta che il medesimo fatto avrebbe comportato una sanzione penale a tutela di un interesse analogo nello Stato di esecuzione, si può ritenere soddisfatta la condizione della doppia incriminazione, con la conseguenza che la sentenza deve essere eseguita.

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