La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 31618 depositata il 25 ottobre 2022 interviene a chiarire in quale contesto e a quali condizioni è possibile avviare azioni nei confronti dello Stato per ottenere il risarcimento del danno subito per mancato adeguamento del diritto nazionale al diritto Ue (ordinanza). Alla Cassazione si era rivolta l’Agenzia delle dogane e dei monopoli a seguito della sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto che aveva accolto il ricorso di un’azienda la quale rivendicava il rimborso dell’addizionale provinciale delle accise sull’energia elettrica utilizzata nel suo stabilimento. In base alla pronuncia della Commissione tributaria l’azienda era legittimata a chiedere il rimborso dell’imposta assolta direttamente all’amministrazione. Per la Cassazione, che ha ritenuto di pronunciarsi senza attendere la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea relativa a una questione riguardante l’efficacia orizzontale delle direttive in collegamento a una controversia tra il fornitore e il consumatore finale che chiedeva il rimborso dell’addizionale, in base al quadro normativo interno, frutto dell’attuazione del diritto Ue, (direttiva 82/12/CEE e direttiva 2008/118/CE), le imposte addizionali sul consumo di energia sono dovute dal fornitore al momento in cui viene fornita l’energia elettrica al consumatore finale. Di conseguenza, in caso di pagamento indebito, spetta al fornitore presentare domanda di rimborso all’Amministrazione finanziaria e, poi, al consumatore è consentito di agire contro il fornitore attraverso l’ordinaria azione di ripetizione dell’indebito. Pertanto, – scrive la Suprema Corte – non si può ritenere che il consumatore finale sia legittimato a chiedere il rimborso dell’addizionale direttamente all’amministrazione. La Cassazione respinge la tesi dell’azienda secondo la quale il diritto interno andrebbe disapplicato per contrasto con il diritto Ue e sarebbe possibile riconoscere un’applicazione diretta e orizzontale della direttiva nei rapporti tra privati. Tale efficacia orizzontale è da escludere anche alla luce della giurisprudenza Ue, e, quindi, il consumatore finale non può invocare un rimborso diretto nei confronti del fornitore tanto più che, secondo la Corte di giustizia anche nel caso di fissazione di termini diversi per le azioni, che vadano a vantaggio dell’amministrazione finanziaria rispetto al termine di prescrizione in vigore per i privati, non si verifica alcuna violazione del diritto dell’Unione “purché il soggetto passivo possa effettivamente reclamare il rimborso dell’imposta di cui trattasi nei confronti della predetta amministrazione”. Solo nel caso in cui si dimostri l’impossibilità o l’eccessiva difficoltà dell’azione con riguardo alla situazione del fornitore è possibile riconoscere l’azione dinanzi all’amministrazione statale. Detto questo, la Cassazione ricorda che, sulla base della sentenza Francovich, nel caso di non conformità del diritto interno per la tardiva attuazione del diritto dell’Unione, l’azienda potrà agire chiedendo il risarcimento del danno subito allo Stato.
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